Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze, ha discusso il disegno di legge delega della riforma fiscale, valutandone i contenuti e analizzandone i punti salienti. Era il primo punto all’ordine del giorno, ma in ragione dei numerosi punti all’ordine del giorno, e tra questi in particolare la riforma del mercato del lavoro, il Consiglio dei Ministri ha ritenuto opportuno rinviare ad una seduta successiva l’approvazione del testo finale. Ciò al fine di ponderare e analizzare con maggiore attenzione i dettagli tecnici della riforma.
Per favorire la crescita economica, il Governo intende introdurre la tassazione ambientale: una carbon tax per finanziare i nuovi sussidi, rendendo così meno oneroso o addirittura sostituendo l’attuale sistema basato sull’emission trading e sui prelievi concentrati in maniera massiccia sulle bollette dell’elettricità.
Nella relazione di presentazione al disegno di legge delega emerge l’idea che potenziare la tassazione ambientale è funzionale all’obiettivo di dare impulso alla crescita dell’economia lungo un percorso di sviluppo sostenibile. Le green taxes e le carbon taxes sono finalizzate a ridurre l’impatto ambientale delle attività di produzione e consumo, correggendo i comportamenti che determinano esternalità negative sull’ambiente in termini di sfruttamento delle risorse naturali o di inquinamento. Queste imposte possono incentivare l’uso di tecnologie innovative e generare nel medio periodo, vantaggi in termini di crescita guidata dalla green economy.
In questo quadro le imposte ecologiche, a differenza di altri strumenti di politica ambientale, consentirebbero di sfruttare il doppio dividendo, correggendo le esternalità ambientali, e contestualmente, generando un gettito che può essere destinato alla riduzione di imposte oppure al finanziamento di incentivi all’investimento di tecnologie verdi.
La Commissione Europea ha indicato proprio le imposte ambientali tra gli strumenti in grado di attuare una redistribuzione virtuosa della composizione del prelievo con impatto positivo sulla crescita, al fine di migliorare la qualità del prelievo tributario negli stati membri. È attualmente in discussione al Consiglio europeo la proposta di direttiva (modifica della direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità) mirante a rivedere le accise sui prodotti energetici, commisurando le aliquote al contenuto di carbonio (carbon tax). La tassazione dei prodotti energetici è stata motivata da diversi elementi, in particolare dall’esigenza di generare introiti, ma anche dalla necessità di influenzare il comportamento dei consumatori, spingendoli a fare un uso più efficiente dell’energia e a scegliere fonti energetiche più “pulite”. Dopo l’adozione della direttiva, il quadro strategico che ne è alla base è cambiato radicalmente. Nei settori dell’energia e dei cambiamenti climatici sono stati definiti obiettivi strategici concreti e ambiziosi per il periodo fino al 2020. Il pacchetto “clima-energia” adottato nel 2009 istituisce il quadro strategico necessario per raggiungere gli obiettivi fissati in modo equo ed efficiente in termini di costi. Le imposte sull’energia sono uno degli strumenti di cui gli Stati membri possono avvalersi per raggiungere gli obiettivi fissati. E’ possibile aumentare il benessere generale e l’efficienza in termini di costi se, per ridurre le emissioni nei settori che non rientrano nel sistema UE di cui alla direttiva 2003/87/CE (il sistema UE di scambio di quote di emissioni, o sistema ETS), si utilizzano strumenti che generano entrate, come l’imposizione fiscale. Le tassazioni relative alle emissioni di CO2 possono essere efficaci mezzi nelle mani degli Stati membri per conseguire le riduzioni di gas serra necessarie per raggiungere per il 2020 obiettivi relativi ai cambiamenti climatici.
In questa prospettiva si è ritenuto di introdurre anche in Italia una carbon tax, il cui gettito sarebbe destinato a rivedere il sistema di finanziamento delle fonti rinnovabili. Un utilizzo più esteso dell’imposizione energetica sui combustibili fossili calibrata in base al loro contenuto di carbonio rappresenta una misura coerente con il principio chi inquina paga, consentendo che la riduzione delle emissioni venga finanziata in misura maggiore dai responsabili delle emissioni. Come noto sono numerose le risposte negative da parte degli imprenditori a questo tipo di tassazione ritenuta onerosa, ma la posizione del Governo è risultata chiara: “Ho suggerito di inserire le misure per la fiscalità ambientale nell’ambito della strategia europea ‘Una tabella di marcia verso un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050…ho suggerito che l’introduzione della carbon tax sia destinata ai settori non regolati dalla direttiva 2003/87/CE, e che il gettito sia finalizzato prioritariamente al sostegno del sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili e della diffusione delle tecnologie a basso contenuto di carbonio”. Questo è quanto asserito dal Ministro Clini in un comunicato pubblico in risposta ad Emma Marcegaglia (contraria alla carbon tax).
Si dovrà attendere tuttavia (probabilmente) il prossimo Consiglio dei ministri per sapere se l’Italia avrà le sue carbon tax, anticipando per una volta la legislazione europea.