Uno studio pubblicato su Nature Climate Change calcola che il forzante radiativo di CFC e HCFC è calato dell’1% tra 2021 e 2023. Una conferma dell’efficacia del protocollo di Montreal e degli sforzi internazionali per bloccare la produzione di gas refrigeranti che distruggono l’ozono nella stratosfera
Il buco dell’ozono si dovrebbe chiudere completamente intorno al 2060
La concentrazione dei gas responsabili del buco dell’ozono ha raggiunto il picco nel 2021, 5 anni prima del previsto. Gli sforzi internazionali per contrastare gli idroclorofluorocarburi (HCFC) e i clorofluorocarburi (CFC) stanno dando risultati migliori e più rapidi di quanto ci si aspettasse. Anche se il calo registrato tra 2021 e 2023 è stato solo dell’1%, è abbastanza per sostenere che abbiamo invertito la rotta.
“Senza il Protocollo di Montreal, questo successo non sarebbe stato possibile, quindi si tratta di un clamoroso sostegno agli impegni multilaterali per combattere la riduzione dello strato di ozono stratosferico, con ulteriori vantaggi nella lotta al cambiamento climatico indotto dall’uomo”, commenta Luke Western, prima firma di uno studio pubblicato su Nature Climate Change.
Il protocollo di Montreal del 1987 ha stabilito un percorso globale per l’abbandono graduale dei CFC, che è stato ultimato nel 2010, e degli HCFC. Per questi ultimi, la produzione sta diminuendo gradualmente a livello globale e dovrebbe essere eliminata del tutto entro il 2040. Non mancano delle sbavature. Alcuni studi hanno registrato un aumento anomalo delle concentrazioni di alcuni CFC tra 2010 e 2020, anche se nessuno di essi ha più – in teoria – alcun uso industriale. Ma sono precursori impiegati nella produzione dei gas HFC, che hanno sostituito quelli dannosi per lo strato di ozono.
La traiettoria futura del buco dell’ozono
Lo studio ha calcolato che il forzante radiativo medio dei gas dannosi per l’ozono ha raggiunto il massimo nel 2021 a 61,75 ± 0,056 mW/m2, per poi calare a 61,67 ± 0,058 mW/m2 l’anno successivo e a 61,28 ± 0,069 mW/m2 nel 2023.
Quale sarà la traiettoria futura? Il calo non sarà rapido, ipotizzano gli autori dello studio, visto che la normativa internazionale aggredisce solo la produzione e il consumo di HCFC, ma non le loro emissioni in atmosfera. Le perdite di idroclorofluorocarburi da apparecchiature e schiume continueranno ad alimentarne la concentrazione in atmosfera.
Ciò nonostante, il buco dell’ozono si sta chiudendo. La più recente valutazione scientifica dell’Unep e dell’Omm in materia stima che le misure previste dal protocollo di Montreal porteranno lo strato di ozono sulla via del ripristino già nel 2035 per Artico e emisfero boreale, nel 2050 per l’emisfero australe, e entro il 2060 per l’Antartide.