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Battuta d’arresto per il mega oleodotto Keystone XL: gli attivisti esultano

La realizzazione del mega oleodotto Keystone XL, della TC Energy Corporation, è stata rimandata grazie a una sentenza di un giudice del Montana che ha revocato i permessi di attraversamento delle acque. Il motivo è la mancanza di consultazioni sulla conformità alla legge sulle specie in via di estinzione

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By Pax Ahimsa GethenOwn work, CC BY-SA 4.0, Link

Stop all’oleodotto Keystone XL: il giudice ha revocato il permesso per via della mancanza di un’analisi sull’impatto ambientale dell’opera

(Rinnovabili.it) – Martedì 31 marzo la canadese TC Energy Corporation aveva annunciato la decisione di proseguire con l’oleodotto Keystone XL, nonostante le cause legali in atto e la mancanza di autorizzazioni necessarie. Oggi, tuttavia, un giudice federale del Montana ha revocato un permesso chiave per la realizzazione della controversa opera. Una decisione che assegna un punto importante alla coalizione di nativi americani, First Nations, allevatori, agricoltori e ambientalisti che attualmente si oppongono all’infrastruttura.

Il Keystone Pipeline System è un sistema di oleodotti che si sviluppa tra il Canada e gli Stati Uniti, commissionato nel 2010 e di proprietà esclusiva della TC Energy Corporation. Il progetto ha acquisito notorietà quando la quarta fase, ossia la creazione di Keystone XL, attirò l’attenzione degli ambientalisti che l’hanno resa un simbolo della battaglia contro i cambiamenti climatici e i combustibili fossili. Infatti la realizzazione di 1.897 km di oleodotto – dalle sabbie bituminose dell’Alberta, in Canada, a Steele City, nel Nebraska, dove si congiungerebbe alla pipeline madre, già esistente – metterebbe a rischio il fragile ecosistema di Sandhills. Lo sventramento delle terre in cui vivono le comunità native, unito ai conseguenti pericoli per le specie e la biodiversità, avevano portato Barack Obama, nel 2015, a rimandare Keystone XL in quanto “non nell’interesse dell’America poiché non darebbe un contributo significativo alla nostra economia”. Ma il 24 gennaio 2017 il presidente Donald Trump annullò lo stop, consentendo il completamento del progetto.

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A trarre vantaggio dal nuovo oleodotto sarebbero sia i petrolieri che operano ad Alberta, senza sbocco sul mare e bisognosa di accesso ai mercati internazionali, sia le raffinerie di petrolio che hanno sede sulla costa del Golfo del Messico, sia i vari gruppi industriali dislocati tra il Canada e gli Stati Uniti. Ma oltre 30.000 persone si sono impegnate in questi anni per bloccare i lavori del mega oleodotto. Confidando nello spostamento d’attenzione imposto dall’emergenza sanitaria COVID-19, il premier dell’Alberta, Jason Kenney, ha investito a fine marzo 1,5 miliardi di dollari per finanziare nel 2020 la costruzione del Keystone XL, mettendone da parte altri 6 miliardi in un fondo di garanzia. Al contempo TC Energy Corporation ha annunciato il trasferimento di nuovi lavoratori lungo la rotta dell’opera. La costruzione dell’infrastruttura è considerata un’attività critica dal Dipartimento della sicurezza nazionale degli Stati Uniti e pertanto è autorizzata a proseguire semplicemente implementando una serie di misure di sicurezza

La coalizione di gruppi ambientalisti non si è fatta scoraggiare ingaggiando l’ennesima sfida legale. La sentenza di un giudice federale del Montana ha dato loro ragione, revocando il permesso di attraversamento delle acque fondamentale per il completamento dell’opera. Al corpo dell’esercito è stato così ordinato di sospendere tutte le attività di riempimento e dragaggio fino a quando non saranno condotte consultazioni formali conformi all’Endangered Species Act, la legge sulle specie in via di estinzione e minacciate.

Queste consultazioni causeranno grandi ritardi a Keystone XL e Tamara Toles O ‘Lughlin del gruppo ambientalista 350.org ha spiegato che “la corte ha giustamente deliberato contro gli sforzi dell’amministrazione Trump per accelerare il completamento di questa vergognosa pipeline. Non consentiremo alle società di combustibili fossili e ai politici del ‘dietro le quinte’ di violare le leggi che proteggono le persone e il pianeta”. Anche Judith LeBlanc, direttore di Native Organizer Alliance, ha sottolineato come la revoca del permesso sia “una vittoria per i diritti umani e la democrazia. Le comunità native hanno una nuova opportunità di esercitare i nostri diritti, sia legali che intrinseci, sulla protezione delle acque nella bio-regione fluviale del Missouri, fondamentali per tutti coloro che vivono, coltivano e lavorano quella terra”. TC Energy ha affermato, in ogni caso, di rimanere impegnata “nella costruzione di questo importante progetto di infrastruttura energetica”. Ora spetta al tribunale decidere del futuro di Keystone XL. 

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