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Chiudete l’acciaieria Ilva se danneggia la salute: la CGUE dà ragione ai tarantini

Acciaieria Ilva: CGUE, va chiusa se danneggia la salute
crediti: mafe de baggis via Flickr CC BY-SA 2.0

L’esercizio dell’acciaieria Ilva non può essere “prorogato ripetutamente” senza valutazione dell’impatto sanitario

Inquinamento dell’ambiente e impatto sulla salute umana non possono essere separati. Per poter continuare a operare, l’acciaieria Ilva di Taranto deve rispettare sia il primo che il secondo. In caso contrario, l’impianto va fermato. Lo ha stabilito una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) pubblicata il 25 giugno, richiesta dal tribunale di Milano dove è in corso la causa intentata dall’Associazione dei genitori tarantini.

Cosa ha stabilito la CGUE sull’acciaieria Ilva?

Tutto ruota attorno al riesame della valutazione d’impatto di quella che è stata la più grande acciaieria d’Europa. E a come va interpretata la nozione di “inquinamento” ai sensi della Direttiva emissioni industriali. Il Tribunale di Milano si è rivolto alla corte del Lussemburgo per chiarire se la normativa italiana, e soprattutto le norme derogatorie speciali applicabili all’acciaieria Ilva per garantirne la continuità, siano in contrasto con la direttiva UE.

Per il governo sarebbe tutto in regola. L’impianto opera sulla base di una valutazione dell’impatto sull’ambiente e la Direttiva emissioni industriali non richiederebbe altri passaggi. La Corte di Giustizia smentisce. Per “inquinamento”, ai sensi di tale direttiva, si devono intendere “i danni tanto all’ambiente quanto alla salute umana”. Quindi la valutazione dell’impatto dell’attività di un sito come l’acciaieria Ilva “su tali due aspetti deve costituire atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame dell’autorizzazione all’esercizio”.

Se le condizioni su cui l’autorizzazione è stata rilasciata non vengono rispettate, continua la sentenza, il gestore deve adottare “immediatamente” le misure necessarie per rientrare nei limiti “nel più breve tempo possibile”. L’acciaieria Ilva, tuttavia, va avanti a colpi di deroghe e rinvii dell’adeguamento dell’impianto. Una situazione che non può continuare, sostengono i giudici del Lussemburgo. “In caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana”, scrivono, il termine per applicare le misure di protezione previste dall’autorizzazione all’esercizio “non può essere prorogato ripetutamente e l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso”.

Ora la palla torna al tribunale di Milano, a cui spetta la decisione ultima nel caso avviato nel 2021. Ma gli avvocati dell’Associazione esultano già. “Sono andati oltre le aspettative”, commenta l’avvocato Ascanio Amenduni. “E’ stata scritta, anzi letta, una pagina di storia nella tutela dell’ambiente dalle emissioni industriali nocive stabilendo anche la prevalenza della salute sulle ragioni della produzione industriale”.

L’ultimo piano di trasformazione dell’acciaieria Ilva presentato da governo e commissari dell’impianto prevede l’installazione, a inizio 2025, di due forni ad arco elettrico che sarebbero operativi dal 2027. Con l’obiettivo di portare la produzione a 6 milioni di tonnellate l’anno. Secondo i sindacati, questo piano porterebbe a 4-5mila esuberi.

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