Un altro patrimonio dell’Umanità vittima dell’inquinamento
(Rinnovabili.it) – Il lago più profondo della Terra è in crisi. La più grave crisi che abbia mai sopportato. Le cause sono, secondo un’inchiesta dell’Agence France Press, l’eccessiva antropizzazione delle sue coste, il turismo e le attività economiche che si sono create negli anni, aumentando l’inquinamento. Opportunità per le comunità locali di migliorare le loro condizioni di vita, ma anche fonti di pressione sempre crescente sull’ecosistema.
Situato nella Siberia meridionale, quasi al confine con la Mongolia, il lago Baikal ha una superficie di 31.700 km quadrati, è profondo 1.700 metri e contiene circa il 20% delle riserve di acqua dolce del pianeta: per fare un paragone, quanto tutti e cinque i grandi laghi americani messi insieme. Un ecosistema che ospita più di 3.600 specie vegetali e animali, la maggior parte delle quali endemiche. Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 1996, è inserito nella lista delle sette meraviglie della Russia.
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Negli ultimi anni, però, una serie di fenomeni nocivi hanno causato una serie di impatti pesanti e forse irreparabili. Il crollo della popolazione di omul, pesci della famiglia del salmone tipici del Baikal, la rapida proliferazione di alghe e la morte di specie endemiche di spugne sono gli effetti più evidenti di uno sviluppo scriteriato. Ad ottobre, il governo russo ha deciso di mettere al bando la pesca commerciale dell’omul, dopo che il volume complessivo degli stock si è più che dimezzato in 15 anni, scendendo da 25 milioni di tonnellate a 10. Oltre alla pesca, a questa ecatombe ha contribuito il clima: la siccità ha investito perfino le remote zone della Siberia, i fiumi trasportano meno acqua e sostanze nutritive verso il lago, la cui superficie si scalda e altera l’habitat del pesce.
Nel frattempo, il Baikal vive un’esplosione innaturale di fioriture algali, con spesse tappeti di spirogyra che cancellano spiagge sabbiose incontaminate. Questa proliferazione è provocata dal deflusso delle acque reflue generate da città che non attuano trattamenti adeguati. Detersivi contenenti fosfati sono tra i principali responsabili della nascita delle alghe. Servirebbe un divieto di utilizzo di queste sostanze finché non vengono messi a punto impianti di trattamento all’altezza. Ma nonostante il governo abbia stanziato quasi mezzo miliardo di euro dal 2012 per rimediare al disastro, la maggior parte degli sforzi non ha avuto effetto. Forse, denunciano i biologi sentiti dall’Associated Press, perché indirizzati a progetti fatti così male che mai avrebbero potuto funzionare.