(Rinnovabili.it) – Quando una nave cisterna subisce un danno in mare il rischio di inquinamento è alto. Riuscire a circoscrivere la fuoriuscita è essenziale per salvaguardare il tratto di mare interessato ma la mancanza di strumenti adatti a contenere lo sversamento ha fino ad oggi ostacolato i soccorsi, rendendo quasi vano ogni tentativo di arginare il danno.
Un progetto europeo ha cercato di risolvere questo problema attraverso la progettazione e convalida di un metodo che consente di intervenire rapidamente e con efficacia nel caso in cui una petroliera stia perdendo in acqua il suo carico.
Il progetto DIFIS (‘Double Inverted Funnel for Intervention on Shipwrecks’) ha ponderato cosa fare in caso di fuoriuscita accidentale di combustibile, studiando anche come trattare il carburante ancora imprigionato nelle cisterne e nei serbatoi.
La soluzione proposta si occupa anche di risolvere il problema nel caso in cui la nave sia affondata a patto però che la sostanza non si sia disciolta e che sia meno densa dell’acqua di mare. La soluzione proposta si basa infatti sull’impiego della forza di gravità. Una volta individuato il relitto un robottino viene calato in mare per studiare la profondità e la tipologia di fondale e capire come depositare il serbatoio e in che modo calare sul relitto la cupola di tessuto studiata per trattenere il combustibile.
Invece di pompare il carburante verso la superficie dell’acqua con eventuali difficoltà legate alle condizioni meteo la miscela di acqua e combustibile viene convogliata in un serbatoio tampone separatore che si trova a 30-50 metri sotto il livello del mare, ancorato con blocchi di calcestruzzo, che può essere facilmente raggiunto da una nave che per mezzo di un tubo porterà a bordo il carburante, convogliandolo in cisterne che saranno trattate una volta sulla terra ferma.