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Inquinamento, la Cina prova a tassare le aziende sporche

Colpite le emissioni di SOx e di solfiti, l'inquinamento acustico e delle acque oltre a quello dell'aria. Resta fuori dal provvedimento la CO2

Inquinamento, la Cina prova a tassare le aziende sporche

 

(Rinnovabili.it) – La Cina ha approvato una legge che introduce un sistema di tassazione sull’inquinamento e sulle emissioni delle industrie. È la prima volta nella storia del gigante asiatico che vengono introdotte misure del genere, mentre la qualità dell’aria nelle grandi metropoli è pessima da molti anni (con picchi proprio in queste settimane) e Pechino sta mettendo a punto un mercato dei crediti di carbonio a livello nazionale.

Nel complesso, queste misure segnalano una nuova attenzione all’ambiente da parte della Cina, primo inquinatore mondiale, che rischia di diventare il punto di riferimento globale nella lotta al cambiamento climatico se gli Usa, come minaccia il presidente eletto Donald Trump, dovessero tirarsi indietro dall’Accordo di Parigi. Ad ogni modo non si tratta di una legislazione all’avanguardia: piuttosto, un timido (e necessario) inizio.

 

Inquinamento, la Cina prova a tassare le aziende sporcheLa nuova tassazione riguarderà tutto il comparto industriale e prevede costi differenziati a seconda della tipologia di inquinamento. In particolare, le aziende dovranno pagare 1,2 yuan per unità di inquinamento atmosferico da SOx e 1,4 yuan per unità di inquinamento delle acque da solfiti (rispettivamente, 16 e 19centesimi di euro). Inoltre, saranno tassati anche i rifiuti industriali derivati dall’estrazione e lavorazione del carbone (68 centesimi di euro a tonnellata) e 137 euro per tonnellata di rifiuti pericolosi.

Tassazioni particolari saranno introdotte da Pechino anche per l’inquinamento acustico: 48 euro al mese se eccedono i limiti previsti dalla legge di 1-3 decibel, 96 euro se eccedono di 4-6 decibel e 1538 euro al mese se superano la soglia di oltre 16 decibel. Il pacchetto di misure, pubblicate sul sito del parlamento cinese che lo ha approvato il giorno di Natale, dovrebbe entrare ufficialmente in vigore il primo gennaio del 2018.

Non si tratta certamente di importi cospicui che potrebbero agevolare un deciso cambio di rotta. Al contrario, sono un compromesso estremamente al ribasso nato dal continuo rinvio della legge. Un iter travagliatissimo, su cui hanno pesato continui conflitti di interesse: una realtà molto meno scintillante, ma purtroppo più veritiera, rispetto agli annunci fatti alle ultime COP.