Secondo l’ultimo censimento del Governo cinese il paese avrebbe perso circa 28mila corsi d’acqua. Per Pechino è colpa del riscaldamento globale e di tecniche di mappatura obsolete
Non è un mistero che in questi ultimi anni lo Yangtze e lo Huang He (meglio noto come Fiume Giallo) abbiano assistito ad importanti cali nella loro portata, in parte anche a causa dello sviluppo idroelettrico del paese, tuttavia l’indagine del governo – la più completa redatta fino ad oggi – potrebbe gettare nuova luce sulla vastità e gravità del problema. I funzionari statali hanno attribuito il calo al riscaldamento globale e a tecniche di mappatura obsolete, sostenendo che le precedenti stime di 50mila corsi d’acqua fossero falsate (in eccesso) a causa di mappe topografiche incomplete. Stando agli esperti invece, in gioco dovrebbero esserci più fattori, includendo nelle cause anche il boom economico e la scarsa tutela ambientale. Secondo Ma Jun, direttore dell’Istituto di affari pubblici e ambientali di Pechino, le tecniche di mappatura potrebbero spiegare alcune discrepanze nelle stime ma la convinzione è che il documento governativo riveli molto altro: i risultati dell’inchiesta confermano quelli di “studi indipendenti che hanno evidenziato come in alcune zone, soprattutto nel nord della Cina, i fiumi si stiano prosciugando o trasformando in fiumi stagionali”. “Esistono diverse spiegazioni per questo fenomeno, tra cui la deforestazione e, in una certa misura minore, i cambiamenti climatici, anche se – aggiunge Ma – i due catalizzatori principali sono l’inquinamento e la sovrappopolazione”.