(Rinnovabili.it) – Ogni anno uccide 34 mila italiani, un killer silenzioso che nessuno è ancora riuscito a fermare. Eppure l’identikit dell’inquinamento atmosferico da particolato fine è noto da tempo. I decessi per avvelenamento da smog colpiscono persone residenti soprattutto nel Nord Italia: sono 22.500 annuali (il 65% del totale). Non solo, ma gli inquinanti presenti nell’aria che respiriamo, soprattutto nelle città congestionate dal traffico e nelle aree industriali, riducono la vita media di ciascun cittadino di 10 mesi.
I dati dell’impatto sulla salute dell’inquinamento atmosferico nel nostro Paese, sono stati presentati ieri da CCM VIIAS (Valutazione Integrata dell’Impatto dell’Inquinamento atmosferico sull’Ambiente e sulla Salute), progetto finanziato dal Centro Controllo Malattie (CCM) del Ministero della Salute, che ha visto la collaborazione di varie Università e centri di ricerca.
Perché davanti a una strage come questa la politica resta immobile? La domanda è più che lecita, tanto più che – secondo i dati del ministero – il solo rispetto dei limiti di legge, bellamente ignorati, salverebbe 11 mila vite ogni anno.
La nuova mappa dell’inquinamento del CCM VIIAS è stata tracciata applicando modelli previsionali delle concentrazioni di pm 2.5 su tutto il territorio nazionale. Questo ha permesso di ricavare anche altre statistiche: il 29% della popolazione italiana vive in luoghi dove l’inquinamento atmosferico da particolato fine è costantemente sopra la soglia di legge.
Anche la combustione di biomasse per il riscaldamento (principalmente legno e pellet) è responsabile della maggiore incidenza di morti e malattie. Anzi, è una delle cause principali, insieme agli scarichi dei veicoli diesel. Le misure preventive devono andare ad aggredire questi due settori. Se si riuscisse a ridurre del 20%, rientrando nei limiti di legge, la concentrazione di pm 2.5, le ricadute positive non sarebbero soltanto sanitarie, ma anche economiche. Il costo dell’inquinamento, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è di 30 miliardi l’anno ogni 10 mila morti evitate.
Inoltre, emergono preoccupanti dati che raccontano di come la riduzione significativa delle emissioni degli ultimi anni non si sia sempre tradotta in un abbassamento delle esposizioni. In aree come la Pianura Padana, ad esempio, questo non è avvenuto, e la colpa e delle condizioni meteorologiche tipiche della zona. Per questo, dice il rapporto, «vanno proseguiti gli sforzi a favore di una mobilità sostenibile (pedonalità, ciclabilità, trasporto ecologico), con una particolare attenzione ai veicoli diesel, responsabili per il 91% delle emissioni di biossido di azoto e di una quota importante di particolato. Anche le emissioni del comparto agricolo (ammoniaca) vanno monitorate e contrastate».