(Rinnovabili.it) – Sarà il più grande piano di bonifica della storia, richiederà risorse pari a un miliardo di dollari e avrà il compito difficilissimo di rendere nuovamente vivibile un territorio martoriato dall’industria del petrolio. Stiamo parlando dell’Ogoniland, regione del Delta del Niger di circa 1.000 km quadrati, abitata da oltre 800 mila persone.
Il governo ha annunciato l’avvio del piano ieri, un anno e mezzo dopo il patteggiamento da 84 milioni di dollari tra la Shell e i residenti per due fuoriuscite di petrolio risalenti al 2008 e al 2009. La Nigeria aveva chiesto al Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) di studiare la zona, in cui Shell e altre compagnie hanno banchettato per 40 anni prima di lasciare il territorio agonizzante.
Il piano è stato progettato da ingegneri delle Nazioni Unite, compagnie petrolifere e governo nigeriano, e comprende la costruzione di una fabbrica per gestire tonnellate pulite di terreno contaminato. Alla bonifica dovrebbero contribuire tutti i membri della joint venture SPDC (Shell Petroleum Development Company), tra cui anche Total ed Eni oltre alla Nigerian National Petroleum Corporation. Il processo dovrebbe creare posti di lavoro anche nel reimpianto di massa delle mangrovie. Tuttavia, si prevedono delle difficoltà per la sua implementazione. Le comunità locali, infatti, non sono state consultate nel processo e resteranno ancora una volta senza voce in capitolo. Anche le risorse finanziarie potrebbero non bastare: per ora sono previsti 200 milioni l’anno per 5 anni, ma potrebbero essere necessari nuovi fondi per un ripristino completo dell’ecosistema.
L’Ogoniland, situato nella regione del delta del Niger, è il terzo più grande ecosistema di mangrovie del mondo. Il petrolio è stato scoperto nel 1957 dalla Shell, che ha operato nella zona dal 1958 al 1993, quando la produzione si è interrotta a seguito di una serie di proteste ambientali guidate dallo scrittore Ken Saro-Wiwa. Per la sua coraggiosa opposizione, Saro-Wiwa è stato condannato e impiccato nel 1995. L’industria del petrolio, sebbene ferma da 20 anni, non ha smesso di inquinare: l’invecchiamento e la scarsa manutenzione delle infrastrutture di raffinazione ha generato centinaia di perdite che hanno seviziato ulteriormente la natura.
Anche i residenti della regione del Delta sono esposti da anni all’inquinamento del petrolio che è finito in acqua, terra, aria e ha distrutto le colture e la popolazione di pesci e altre creature acquatiche.