(Rinnovabili.it) – I carburanti per trasporti tentennano? L’industria petrolifera non si lascia scoraggiare ed è pronta puntare su un “nuovo” cavallo da traino per la crescita futura: la plastica. Complessivamente il settore petrolchimico ha pianificato ben 400 miliardi di dollari di spesa, nei prossimi anni, per la produzione di plastica vergine, scommettendo su un consumo sempre maggiore soprattutto nelle economie in via di sviluppo, Asia in primis. D’altra parte parte la maggior parte dei rapporti di settore prevede che i prodotti petrolchimici siano destinati a compensare i futuri cali associati a benzina e gasolio, il cui picco sembra sempre più vicino.
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In un rapporto del 2018 la IEA sosteneva che plastica, ma anche fertilizzanti, fibre sintetiche per l’abbigliamento, detergenti e pneumatici, fossero destinati a coprire, entro il 2030 oltre un terzo della nuova domanda mondiale di petrolio al 2030. La fetta di torta si farebbe ancora più grassa per il 2050, quando dovrebbero rappresentare quasi la metà della crescita, con quasi 7 milioni di barili di petrolio al giorno. Previsioni rosee su cui, però, non sono tutti d’accordo.
Già in passato gli analisti di Bloomberg New Energy Finance avevano guardato con scetticismo queste cifre, e oggi a rincarare la dose è Carbon Tracker. Nel nuovo report The Future’s Not in Plastics il gruppo afferma che la crescente pressione a livello mondiale per ridurre l’uso della plastica potrebbe tagliare la domanda di polimeri vergine di origine fossile dal 4% all’anno a meno dell’1%, con un picco nel 2027.
“L’industria petrolchimica sta già affrontando prezzi estremamente bassi per le materie prime in plastica a causa di una massiccia sovraccapacità”, spiega Carbon Tracker. “Eppure, prevede di espandere l’offerta di un quarto investendo almeno 400 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni e rischiando così enormi perdite per gli investitori“.
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Ogni anno vengono prodotte circa 350 milioni di tonnellate di plastica: circa la metà in Asia, il 19% in Nord America e il 16% in Europa. Di queste, almeno 8 milioni finiscono disperse in mari e oceani. Le preoccupazioni ambientali legate all’inquinamento plastico e alle attuali difficoltà di riciclo hanno, tuttavia, iniziato a smuovere una risposta globale.
I responsabili politici in Europa e Cina stanno già adottando misure per eliminare i rifiuti di plastica, dai nuovi regolamenti alle tasse, dagli obiettivi di differenziata alle nuove infrastrutture di riciclaggio. La Repubblica popolare, ad esempio, ha chiuso i suoi confini alla spazzatura straniera, mentre l’UE a luglio di quest’anno ha proposto una tassa di 800 € / t sui rifiuti di plastica non riciclata.
“L’industria petrolifera, nella sua ipotesi di un raddoppio della domanda nei prossimi 10, 20 anni circa, sta scommettendo che la società non riuscirà a trovare alcuna soluzione per ridurre, sostituire o riciclare la plastica”, ha affermato Kingsmill Bond, autore del rapporto e analista presso Carbon Tracker. Si tratta di “un presupposto irragionevole immaginare di poter continuare a fare per i prossimi 50 anni quello che hai fatto negli ultimi 70 anni, ossia inquinare impunemente”.