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In 35mila per studiare i modelli climatici

Servendosi del supporto di 35mila volontari un team di ricercatori ha simulato numerosi modelli climatici verificando che entro il 2050 la temperatura potrebbe effettivamente alzarsi di 3 °C

(Rinnovabili.it) – Non sempre per condurre un esperimento è sufficiente che un team di scienziati si chiuda per giorni in un laboratorio. A volte i ricercatori hanno bisogno della collaborazione di gruppi di persone o addirittura di intere città. E’ questo il caso del progetto che ha permesso, grazie all’aiuto di 35mila persone che hanno messo a disposizione della scienza i propri pc, di studiare modelli climatici ipotetici. Alla fine dello studio gli scienziati hanno potuto affermare che l’ipotesi di un surriscaldament globale di 3 °C è realmente possibile entro il 2050. In parte supportato dai progetti finanziati dall’UE WATCH (“Water and global change”) ed ENSEMBLES (“Ensemble-based predictions of climate changes and their impacts”) lo studio ha condotto una serie molto numerosa di simulazioni utilizzando un complesso modello climatico atmosfera-oceano.

“Soltanto effettuando così tante simulazioni, con versioni del modello volutamente scelte per mostrare una gamma di comportamenti, è possibile riuscire a gestire l’incertezza presente in un sistema complesso come il nostro clima,” ha detto l’autore principale dott. Dan Rowlands del Dipartimento di fisica dell’Università di Oxford nel Regno Unito. “Il nostro lavoro è stato possibile soltanto perché migliaia di persone hanno offerto l’utilizzo dei loro computer domestici per effettuare queste simulazioni.” Qualora il ritmo di rilascio delle emissioni dannose rimanesse costante la temperatura potrebbe superare la barriera dei due gradi con effetti sul pianeta che gli studiosi hanno cercato di ipotizzare. “La maggior parte delle previsioni del riscaldamento globale sono basate sulla serie di risultati che diversi gruppi in giro per il mondo inviano come contributo a un modello di confronto” ha detto il professor Myles Allen della facoltà di geografia e ambiente, Università di Oxford, uno degli autori della ricerca. “Questi gruppi non si propongono di esplorare l’intera gamma di incertezze, ed è per questo motivo che sono necessari studi come il nostro.”