Secondo la ricerca pubblicata oggi dal WWF, il Paese ha un ruolo cruciale sullo sviluppo sostenibile a livello globale, ma deve perseguire politiche lungimiranti nella tutela della “biocapacità”
Secondo quanto emerso, infatti, in Cina l’ambiente naturale è sempre di più posto sotto pressione dall’aumento dei consumi associato alla crescita economica e all’elevato tasso di urbanizzazione e, nonostante l’impronta ecologica procapite sia inferiore alla media mondiale, il Paese sta già consumando 2 volte e mezzo la sua “biocapacità”, ovvero la capacità di rigenerare le risorse naturali e assorbire le emissioni di carbonio. La componente che pesa di più sull’impronta ecologica del Paese è il carbonio, passato dal 10% del 1961 al 58% del 2008, di cui solo una piccola parte è legata ai consumi diretti di combustibili fossili ed energia, mentre la stragrande maggioranza proviene da emissioni indirette, quelle cioè legate ai beni e servizi di consumo, che in alcune regioni rappresentano addirittura il 90% delle emissioni di anidride carbonica. Servono dunque soluzioni innovative non solo per ridurre l’impronta di carbonio, ma anche per aumentare l’efficienza produttiva e spingere i consumatori a scegliere prodotti low carbon. Che la Cina riesca a muoversi verso un’economia “verde”, il WWF ne è convinto; si auspica però che il Governo possa definire linee guida da seguire in ogni area specifica e sviluppare politiche orientate alla protezione della biocapacità.