Lo stabilimento siderurgico torna sotto i riflettori con un nuovo rapporto epidemiologico e l’ipotesi d’annullamento del maxiprocesso, mentre la Regione Puglia lotta contro l’ennesimo decreto di salvataggio
(Rinnovabili.it) – Quando si parla di Ilva, difficilmente lo si fa per riportare buone notizie. Per lo stabilimento siderurgico la storia sembra ripetersi ancora e ancora, in una sorta di drammatico loop. Si ripetono i decreti di salvataggio, i rapporti shock, le inchieste giudiziarie. E mentre prosegue la valutazione dei piani industriali delle offerte d’acquisto, sul futuro dell’acciaieria – attualmente in amministrazione straordinaria – si sa ancora poco.
Quello su cui si può ragionare per ora sono invece i dati dell’ultimo studio epidemiologico commissionato dalla Regione Puglia per “valutare l’effetto delle sostanze tossiche emesse dall’Ilva”.
Nell’indagine, presentata il 3 ottobre, si evidenzia non solo l’esistenza di una “forte relazione” tra “emissioni industriali e danno sanitario”, ma anche che “l’andamento della mortalità ha seguito in modo speculare quello della produttività e dell’inquinamento”.
Di Ilva si muore
Il rapporto mette sotto accusa i valori di polveri sottili e anidride solforosa a cui sono stati esposti gli abitanti nei comuni di Taranto, Massafra e Statte tra il 1 gennaio 1998 ed il 31 dicembre 2010 (ma la coorte di studio è stata seguita fino al 31 dicembre 2014, ovvero fino alla data di morte o di emigrazione). Entrambi gli inquinanti, tra i cittadini più esposti (in presenza di concentrazioni di 10 microgrammi per metro cubo), sono responsabili di un aumento della mortalità, rispettivamente, del 4% e del 9%, oltre ovviamente ad un aumento dei casi di tumore al polmone e d’infarto del miocardio.
I dati sono significativi riguardano purtroppo le patologie infantili: lo studio rivela un’incidenza aumenta di oltre il 20% nei ricoveri per malattie respiratorie dei bambini residenti nei quartieri Tamburi e Paolo VI di Taranto, i più vicini allo stabilimento. L’indagine conferma i risultati degli studi precedenti e“depone a favore dell’esistenza di una relazione di causa-effetto tra emissioni industriali e danno sanitario nell’area di Taranto”.
La risposta del Governo alle preoccupazioni avanzate dalla Puglia a poco serve. Gian Luca Galletti, ministro dell’Ambiente, ha commentato lo studio epidemiologico spiegando come faccia riferimento ad un periodo antecedente all’abbassamento della produzione all’Ilva “e dunque anche di quelle attività più impattanti sull’ambiente”. “Oggi – ha affermato Galletti – la situazione a Taranto è diversa: se cosi non fosse sarei io il primo a dire che non ci sono le condizioni per tenere aperto lo stabilimento”.
La lotta della Regione Puglia
Con questi dati in mano il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano nella mattinata di lunedì aveva anticipato l’intenzione di impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale il nuovo decreto Salva Ilva. La motivazione, così come riportata dalla Giunta riunita in seduta straordinaria: “lesione del principio di leale collaborazione che dovrebbe ispirare l’operato del legislatore”. La legge numero 151/2016 che ha convertito l’ultimo decreto legge sull’Ilva, spiega l’amministrazione regionale in una nota stampa, “non prevede alcuna forma di coinvolgimento della Regione nella procedura di modifica o integrazione al piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria o di altro titolo autorizzativo necessario per l’esercizio dell’impianto” determinando così “una discriminazione totalmente irragionevole”.
Emiliano fa anche saper che la regione revisionerà l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) “Già da qualche giorno ho dato indicazione all’Avvocatura regionale di istruire la richiesta. Se l’Aia venisse revocata sulla base degli elementi presentati oggi, ancora una volta, la fabbrica non potrebbe proseguire l’attività”.
Rischio di annullamento per il maxi-processo
A rendere gli animi ancora più inquieti sono ora le notizie che arrivano in merito al maxi-processo. Iniziato la scorsa primavera il procedimento vede alla sbarra dei 47 imputati (44 persone fisiche e le tre società Riva Fire, Ilva e Riva Forni Elettrici) accusati di disastro ambientale e sanitario. Il processo, già annullato una volta, rischia di fare il bis a causa di una presunta “violazione del diritto di difesa”. I legali di Fabio Riva e altri imputati sostengono che nella “seconda” udienza preliminare per disposizione del giudice sarebbe stato impedito agli imputati di farsi interrogare, rendere dichiarazioni spontanee o chiedere riti alternativi come l’abbreviato. Se la loro tesi dovesse essere accolta, il maxi-processo dovrà cominciare daccapo, azzerando tutti i progressi fatti fino ad oggi.