Un tavolo di confronto organizzato da Kyoto Club sulla gestione degli imballaggi in Italia, alla luce delle recenti iniziative del Governo Monti sul tema del vuoto a rendere. Prevenzione, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti per evitare che materiali ancora perfettamente funzionali vengano avviati a valorizzazione energetica e discarica. Una scelta di sicuro impatto perché coinvolgerebbe direttamente il cittadino nel suo quotidiano, ma che, se ben studiata e implementata, apporterebbe benefici sia per il sistema economico, sia per l’ambiente.
Al convegno «Vuoto a rendere: opportunità o problema?», tenutosi ieri a Roma presso la Sala di Palazzo Bologna del Senato, istituzioni e operatori del settore sono stati chiamati a confrontarsi. Nel testo del decreto liberalizzazioni discusso a fine gennaio in Consiglio dei Ministri, era apparso l’art. 40, poi stralciato, che avrebbe riportato in auge il vuoto a rendere, sistema già in vigore in Italia fino ad una quarantina di anni fa e mai abbandonato da alcuni paesi europei, tra cui la Germania. Secondo lo schema proposto, i produttori di imballaggi avrebbero versato al CONAI o ad autonome associazioni di produttori di imballaggi la cauzione di 20 c€ per ogni unità immessa sul mercato. Ciascuno degli operatori della filiera si sarebbe rivalso sul soggetto acquirente del prodotto imballato, fino al consumatore finale. Questo, restituendo l’imballaggio al venditore al dettaglio, avrebbe ricevuto indietro il deposito cauzionale o un titolo all’acquisto del valore di almeno 20 c€, mentre il dettagliante si sarebbe rivalso su CONAI o sulle associazione di produttori una volta avviato l’imballaggio a riutilizzo o riciclaggio, con un premio del 15% del deposito cauzionale nel caso di riutilizzo di bottiglie e contenitori di vetro.
Il sistema avrebbe, dunque, penalizzato il consumatore finale che non restituisce l’imballaggio, aggravando la filiera del costo di trasporto degli imballaggi restituiti verso i siti designati per il loro riutilizzo e il riciclaggio. D’altra parte, oltre ad indurre i consumatori a comportamenti più virtuosi, avrebbe garantito alla filiera stessa di poter disporre di imballaggi a minor costo, perché ottenuti da attività di recupero, con benefici per la collettività in termini di minor volume di rifiuti trattati nel sistema tradizionale di raccolta, minori emissioni e risparmio di risorse.
L’obiettivo del Governo, come sottolineato dal Sottosegretario del MATTM, Tullio Fanelli, è di raggiungere una quota di recupero pari al 90% degli imballaggi immessi nel mercato. Un risultato possibile e, anzi, auspicabilmente superabile, partendo da un sistema di gestione integrata dei rifiuti che, per quanto sconti un’elevata disomogeneità territoriale, ha dato buoni frutti a livello nazionale. L’iniziativa “Vetro indietro”, datata 2009, che ha coinvolto alcuni esercizi commerciali del Comune di Conegliano (TV) ed è stata oggetto di studio da parte dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, è stato portata come esempio di esperienza positiva di vuoto a rendere già implementato in Italia.
L’ANCI con i consorzi CONAI, COREPLA, CiAl, hanno espresso perplessità riguardo all’opportunità di modificare il sistema esistente, ma si sono dichiarati aperti al dialogo con l’esecutivo, che aveva messo tutti di fronte al fatto compiuto in gennaio, salvo poi ritornare sui propri passi ed aprire alla consultazione dei soggetti interessati.
Legambiente e Federambiente hanno confermato il loro sostegno all’introduzione del vuoto a rendere, come anche le associazioni di categoria dei produttori e della distribuzione di bevande.
Ciò che rimane da fare, prima di partire, è chiarire alcuni aspetti critici del sistema, in ordine alla sua accettabilità sociale e a diversi risvolti tecnici. Ci si riferisce, ad esempio, alla tracciabilità degli imballaggi, alla grande quantità di acqua necessaria nei sistemi di purificazione attualmente adottati per il loro riutilizzo, all’economicità del sistema all’aumentare delle distanze tra stabilimenti produttivi e centri di raccolta.
Uno sforzo comune, che, sulla base delle esperienze già avviate, potrebbe coinvolgere il mondo della ricerca e l’iniziativa privata, al fine di raggiungere un obiettivo di grande valore sociale ed economico.