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Il viaggio del particolato: dalla miniera di carbone ai ghiacci artici

Un nuovo studio indaga il ruolo localizzato dei particolati nella riduzione dell’affetto albedo di ghiacci e ghiacciai

Il viaggio del particolato: dalla miniera di carbone ai ghiacci artici

 

(Rinnovabili.it) – Un’altra accusa climatica si aggiunge alla lunga lista dei motivi per cui il pianeta dovrebbe fare a meno del carbone. L’Università di Colorado-Boulder ha rivelato che in Norvegia, e più precisamente dell’arcipelago delle Svalbard, le polveri di una miniera di carbone stanno seriamente compromettendo il ruolo naturale delle vicine zone di neve e ghiaccio.

 

In un articolo pubblicato nel Journal of Geophysical Research: Atmospheres, gli scienziati dimostrano come il particolato carbonioso, trasportato da vento, stia diminuendo il naturale effetto albedo del ghiaccio. Lo studio illustra il significativo ruolo che le polveri di colore scuro possono giocare nel riscaldamento del Polo Nord, dal momento che assorbono una maggiore radiazione solare rispetto al bianco della neve e del ghiaccio e di conseguenza mantengono il calore più vicino alla superficie terrestre.

 

“L’estremo contrasto tra neve e particolato in questo preciso sito ci ha dato una linea di base per sviluppare algoritmi che ora possiamo usare per prendere future misure in settori che non sono facilmente accessibili”, spiega Alia Khan, tra gli autori dell’indagine. Ghiacci e neve incontaminati hanno un alto albedo spettrale, misura utilizzata per indicare quanto efficacemente una data superficie rifletta l’energia solare. Nel corso del tempo, particelle di nero carbone sospese nell’aria o altre polveri minerali possono percorrere lunghe distanze nell’atmosfera e stabilirsi su neve e ghiacciai, abbassando la riflettenza complessiva.

 

I ricercatori hanno raccolto campioni da quattro siti a varie distanze dalla miniera e ne hanno poi misurato la capacità di assorbimento luminoso Hanno potuto concludere che la polvere abbia avuto un effetto forte ma localizzato, riducendo la riflettenza spettrale nell’area circostante fino all’84 per cento. I risultati – spiegano gli scienziati – possono fornire una base per ulteriori ricerche, utilizzando satelliti e tecniche di telerilevamento nelle zone lontane. Elemento fondamentale soprattutto se si considera che l’attuale disgelo del permafrost sta risvegliando gli appetiti mondiali per le risorse minerarie dell’Artico. “Ci auguriamo che queste misurazioni vengano utilizzate nella gestione del futuro sviluppo energetico nella regione artica, in particolare per le miniere impossibili da studiare via terra, ma abbastanza grandi da essere visibili via satellite”.