Esultano gli ambientalisti, ma ormai il regolamento sul ripristino della natura è quasi una scatola vuota
Il Consiglio dell’UE ha dato il via libera definitivo alla Legge sul ripristino della natura ieri, con un voto che ha riservato un colpo di scena. Il cambio di posizione dell’Austria, infatti, ha permesso di raggiungere la maggioranza qualificata necessaria tra gli stati membri, facendo cadere la cosiddetta “minoranza di blocco” che avrebbe affossato il provvedimento. La forzatura della Ministra dell’Ambiente austriaca, Leonore Gewessler (Verdi), ha portato ad un voto in dissenso rispetto alle intenzioni del partner della coalizione di governo, il Partito Popolare. Il quale ora promette ricorso in Corte di Giustizia dell’UE.
Intanto però la legge incassa il via libera. Le reazioni sono di segno opposto: il governo italiano, che con il Ministero dell’Ambiente ha votato contro la Nature restoration law, ha espresso rammarico.
“L’ultimo colpo di coda di questa legislatura ideologica è l’approvazione del regolamento sul ripristino della natura”, ha detto Vannia Gava, viceministra dell’Ambiente e della sicurezza energetica. “Il voto favorevole dell’Austria, che arriva spaccata al suo interno, fa raggiungere la maggioranza in Consiglio. L’Italia sostiene l’obiettivo di tutelare e riparare gli ecosistemi e ha lavorato a proposte migliorative per garantire il giusto equilibrio tra sostenibilità ambientale ed economica. Il regolamento, così com’è, impatta negativamente sul settore agricolo dell’Unione, accrescendone gli oneri economici ed amministrativi. Non possiamo ignorarlo e non possiamo votare a favore. Occorre più tempo”.
Su tutt’altre posizioni le organizzazioni ambientaliste. Legambiente parla di “vittoria per la tutela della biodiversità e il Green Deal europeo”, mentre il WWF esulta per un successo “a lungo atteso per la natura europea e per i cittadini, che da tempo chiedono un’azione immediata per affrontare l’allarmante declino della natura che sta danneggiando la salute del pianeta e dei suoi abitanti”.
Cosa prevede la legge europea sul ripristino della natura
La Nature restoration law mira a ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marine entro il 2030, e il 100% degli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050.
Queste aree comprendono foreste, praterie, zone umide, fiumi, laghi e fondali corallini. Il percorso verso il ripristino è costellato di obiettivi intermedi e molta flessibilità, ma gli stati devono presentare a Bruxelles dei piani nazionali concreti e dettagliati. Entro il 2030 almeno il 30% degli habitat oggi catalogati come in stato di degrado dovrebbero passare a uno stato di conservazione buono. Un obiettivo, questo, già approvato da tutto il mondo nell’ultima COP15, il vertice globale dei governi aderenti alla Convenzione della Biodiversità. La percentuale sarebbe poi dovuta salire al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050.
Il compromesso raggiunto a livello europeo, tuttavia, svuota il regolamento del suo possibile effetto inserendo clausole di flessibilità per i Ventisette. La più evidente è il cosiddetto “freno di emergenza”, ossia una deroga che si può esercitare in caso di “circostanze eccezionali”. Tra queste, anche la salvaguardia della sicurezza alimentare, su cui fanno leva le lobby delle organizzazioni di categoria agricole dallo scoppio della guerra in Ucraina in poi. Per l’agricoltura, infatti, gli obiettivi restano di carattere volontario e non vincolante. Gli agricoltori potranno anche non riservare una quota del 10% delle loro terre a siepi, aree incolte e altri elementi simili che supportano la biodiversità.