Il nuovo primo ministro Narendra Modi ha autorizzato un impianto idroelettrico che finora era sempre stato bocciato. Cancellerà 4000 ettari di foresta
Gli ambientalisti hanno subito imboccato il sentiero di guerra, criticando il governo per aver svenduto la foresta nel nome dello sviluppo industriale. Sunita Narain, direttore generale del Centro per la Scienza e l’Ambiente di Nuova Delhi, ha allargato le braccia: «C’erano già problemi con il governo precedente, ma con questo sono diventati più grandi. Invece di provare a riformare il sistema, stanno lavorando per abbatterne gli argini».
In questi primi 5 mesi di governo, Narendra Modi ha già ammorbidito parecchie normative a tutela dell’ambiente, per consentire lo sviluppo di grandi infrastrutture promosse dalle grandi compagnie. Le miniere di carbone, adesso, possono aumentare la produzione del 50% senza consultazioni pubbliche, mentre le industrie inquinanti possono operare a minor distanza dai parchi nazionali. Ma Modi è andato oltre, attaccando direttamente il mondo dell’ambientalismo: ha ristretto i controlli sulle finanze di Greenpeace e ridotto il numero di membri indipendenti in un comitato incaricato di valutare i progetti insediati ai limiti o dentro le aree protette. La sua politica, del resto, era chiara già dalla campagna elettorale: ampliare la platea dei cittadini con accesso all’energia elettrica, a qualsiasi costo. Anche ambientale.