Secondo l’Unep, la regione dell’Asia-Pacifico deve diminuire dell’80% l’attuale consumo di risorse. La strategia vincente richiederà impegno e un nuovo impulso all’efficienza
Una sfida ambiziosa che racchiude in sé, però, non poche opportunità. Opportunità di aumentare drasticamente l’efficienza delle materie prime e in questo modo di stimolare ulteriormente la crescita economica, ma anche opportunità di creare nuovi tipi di tecnologie pulite riducendo, se non addirittura bloccando, le perdite legate al degrado ambientale. Attualmente la crescita della regione possiede un costo elevato in termini di inquinamento, emissioni di gas serra, perdita di biodiversità, deterioramento degli ecosistemi e rapido esaurimento dei beni primari e secondari.
Nel solo 2005 sono state consumate risorse – compresa biomassa, combustibili fossili, metalli e materiali industriali ed edilizi – per un totale di circa 32 miliardi di tonnellate, e la cifra, sostiene il rapporto, potrebbe salire a 80 miliardi di tonnellate entro il 2050, in mancanza di un valido meccanismo di difesa. L’uso dell’energia nel territorio è cresciuto, dal 1970, ad un tasso composto annuale del 3,9 per cento, mentre nel resto del mondo si è assestato sull’1,4 per cento.
“Queste nuove scoperte – ha dichiarato Achim Steiner, Sotto-Segretario Generale Onu e Direttore esecutivo dell’Unep – arrivano a nove mesi dalla conferenza di Rio +20. I notevoli cambiamenti che si sono verificati in questi anni non sono così ben visibile sono da nessuna altra parte come in Asia e nel Pacifico dove la crescita economica mozzafiato ha sollevato più di mezzo miliardo di persone dalla povertà, ma con profonde conseguenze sociali e ambientali”.