Agenti patogeni e microrganismi resistenti agli antibiotici si annidano a bordo della plastica che scarichiamo nei fiumi. Un motivo in più per ridurla
L’analisi svolta su corsi d’acqua e sistemi di depurazione ha mostrato che la plastica nei fiumi è un pericolo anche sanitario
(Rinnovabili.it) – Non solo inquinamento, ma anche minaccia sanitaria. La plastica nei fiumi potrebbe avere due impatti concomitanti, poiché funge da “taxi” per batteri e virus pericolosi per la salute. A bordo di questi rifiuti, inoltre, possono sedersi agenti patogeni con geni di resistenza agli antibiotici.
Le preoccupazioni sul ruolo della plastica nei fiumi vengono da una nuova ricerca, pubblicata la scorsa settimana da un team internazionale. Gli scienziati si sono concentrati su specifici corsi d’acqua nel Regno Unito, ma le informazioni che ne hanno ricavato sono valide anche altrove.
La resistenza agli antibiotici rappresenta infatti una crescente minaccia per la salute pubblica. Si stima che nel 2019 le infezioni legate all’antibiotico resistenza abbiano ucciso 2,7 milioni di persone in tutto il mondo. Entro il 2050 il numero potrebbe salire a 10 milioni di morti. I fiumi sono il principale mezzo con cui la plastica entra negli oceani del mondo, così come sono le arterie da cui riforniamo d’acqua le nostre società.
Le acque reflue dovrebbero essere trattate e disinfettate per ridurre i rischi microbici e gli eventuali impatti negativi sulla salute umana. Ma oggi i depuratori si lasciano sfuggire molti dei contaminanti e degli agenti patogeni.
I campioni di plastica e legno utilizzati dai ricercatori si sono dimostrati un perfetto veicolo per batteri “opportunisti” come Pseudomonas aeruginosa e aeromonas. Si tratta di patogeni che rappresentano un rischio per le persone con un sistema immunitario compromesso.
Il primo è risultato quasi tre volte più abbondante sulla plastica rispetto al legno. Il che significa che tutti i frammenti di plastica che entrano nelle acque reflue e passano indenni la depurazione, sono “zattere” perfette per microrganismi nocivi.
“I nostri risultati forniscono informazioni sulla capacità della plastisfera fluviale di ospitare un insieme distinto di batteri potenzialmente patogeni e di funzionare come un serbatoio di geni di resistenza agli antibiotici”, spiegano i ricercatori. Ma non basta ridurre i rifiuti e la produzione di plastica. Le soluzioni devono comportare anche una riforma dei sistemi zootecnici (grandi consumatori di antibiotici). In termini un po’ meno chiari, è proprio quello che sembrano dirci gli scienziati, quando sostengono che “l’implementazione di misure di salute e sicurezza contro la presenza di agenti patogeni e geni di resistenza agli antibiotici sembra essere un problema che va oltre la plastisfera”.