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Honduras, gli squadroni della morte difendono il land grabbing

Honduras, gli squadroni della morte difendono il land grabbing

 

(Rinnovabili.it) – Ennesima strage di attivisti ambientali in Honduras, che si conferma uno dei paesi più pericolosi al mondo per chi lotta contro lo strapotere delle multinazionali. La settimana scorsa sono stati uccisi a sangue freddo Jose Angel Flores e Silmer Dionicio George, entrambi membri del Movimiento Unificado Campesino (Muca) in lotta contro il land grabbing, mentre si trovavano nel loro ufficio a Tacoa, nella regione di Bajo Aguan. Un commando di uomini armati ha fatto irruzione a volto coperto e commesso il duplice delitto, per poi svanire nel nulla.

Flores e George combattevano da anni contro il fenomeno dell’accaparramento delle terre che ha sconvolto la regione di Bajo Aguan. Un programma di modernizzazione dell’agricoltura in questa fertile regione, voluto dalla Banca Mondiale, aveva estromesso vent’anni fa i contadini locali – che praticavano un’agricoltura di sussistenza – per consegnare migliaia di ettari di campi all’agrobusiness. Da allora l’intera area è coltivata a palme destinate all’esportazione per diventare biofuel. Ma l’operazione si è svolta in modo fraudolento, accusa l’organizzazione dei campesinos Muca, che da allora cerca di riconquistare le proprie terre sia per vie legali, sia occupandole a sua volta illegalmente.

 

Honduras, gli squadroni della morte difendono il land grabbingÈ una lotta impari. Gruppi paramilitari hanno ammazzato oltre 150 contadini, usando il terrore come arma per mettere a tacere la protesta. L’ex presidente Zelaya aveva avviato un’inchiesta, ma il colpo di stato del 2009 l’ha cacciato e ha interrotto il processo. Il golpe è stato appoggiato da élite affaristiche, politiche, militari ed ecclesiastiche. Da allora Bajo Aguan è zona militarizzata e la violenza è schizzata alle stelle. E così in tutto l’Honduras, nel 2016 sotto i riflettori anche per una serie di omicidi eccellenti ai danni di altri attivisti ambientali, su tutti quello di Berta Caceres lo scorso marzo.

“Questi assassini sono il diretto risultato delle politiche di sviluppo che vengono promosse nella regione – accusa Annie Bird, direttrice di Rights and Ecology – Uomini d’affari corrotti appoggiati dai militari finanziano gruppi paramilitari per consolidare il loro controllo sull’agenda dello sviluppo”. Le stragi di attivisti sono diventate ormai la prassi: dal 2009 a oggi, calcola l’Ong Global Witness, ne sono stati uccisi più di 120. “L’Honduras è diventata un’area off limits per chiunque osi alzare la voce per proteggere l’ambiente”, considera Erika Guevara-Rosas, direttrice per l’America di Amnesty.

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