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Greenpeace monitora le acque del Giglio

A quasi due mesi dal naufragio della Costa Concordia Greenpeace pubblica i risultati delle indagini sulle acque e i fondali vicini al relitto

(Rinnovabili.it) – Il naufragio della Costa Crociera, avvenuto lo scorso 13 gennaio nelle acque davanti l’Isola del Giglio, continua a destare preoccupazione. A preoccupare ora è l’impatto ambientale che la nave potrebbe avere sulle coste e nelle acque del Giglio.

Le sostanze pericolose e i rifiuti accumulati sulla neve stanno infatti contaminando un tratto di costa che fino ad oggi non è stato sufficientemente tutelato da una normativa che appare scarsa e troppo superficiale.

Da uno studio condotto da Greenpeace appare ad esempio ampio il divario che intercorre tra la costa francese e quella italiana delle Bocche di Bonifacio. In Francia l’attenta tutela del mare e delle coste ha portato all’aumento delle specie di flora e fauna ittica con una crescita di 6 volte in dieci anni. Nello stesso periodo in Sardegna i tassi di crescita sono stati di 0,2 volte.

Ma anche il Giglio fa parte di un’area di importanza naturalistica. L’Isola infatti rientra nei confini del Santuario dei Cetacei dove oltre all’inquinamento di acqua, fauna e flora a pesare sugli equilibri marini è l’intenso traffico navale. Ma finalmente dopo anni di richieste il governo ha varato  il Decreto Rotte che, limitando la navigazione sotto costa, permetterà una maggiore tutela del territorio e delle acque.

Un team di Greenpeace tra il 15 e il 18 febbraio ha voluto valutare di persona le condizioni del mare a seguito del naufragio. Esaminando fondali, acqua marina e acqua del rubinetto prelevata da un locale sulla costa la situazione rilevata a seguito delle analisi è stata definita “normale”. Inviati ad un laboratorio specializzato i campioni sono stati analizzanti per scoprire la concentrazione di sostanze tossiche eventualmente presenti nelle acque. Tra queste batteri fecali (Coliformi, Enterococchi e  Escherichia coli) metalli pesanti, IPA (idrocarburi policiclici aromatici), idrocarburi totali,  composti organici a base di cloro cancerogeni e non, detergenti o tensioattivi (fra cui gli  alchilfenoli, tensioattivi non ionici), composti organici aromatici o solventi (benzene, toluene).

Dalle analisi non emergono concentrazioni degne di nota, anche se va specificato che la maggior quantità di tensioattivi anionici, pari a 4,350 mg/litro, sono stati evidenziati nelle acque prelevate dalla costa. Pur non sostituendosi ai valori rilevati dalle indagini condotte dall’ARPA è evidente confrontando i dati di entrambe le indagini, che le concentrazioni di sostanze inquinanti rilevate dalle indagini di Greenpeace risultano in alcuni casi superiori, come ad esempio nel caso dei tensioattivi e dell’ammoniaca.