Rinnovabili

Green Bank, la leva britannica per un futuro sostenibile

Una banca dedicata al finanziamento esclusivo di tecnologie e progetti d’investimento per lo sviluppo della green economy. Il governo Cameron ha fatto della Green Investment Bank (GIB) uno dei pilastri della politica ambientale nazionale per traghettare l’economia inglese verso un futuro energetico a bassa produzione di gas inquinanti. Pubblicizzata come la prima del suo genere a livello globale, la Green Bank costituisce uno strumento innovativo per finanziare la rivoluzione verde, un nuovo protagonista nel mercato capace, si spera, di mobilitare risorse e investimenti. Il ministero del Business, Innovation and Skills, azionista unico della banca fino al 2015, ne ha già specificato l’organizzazione interna e le fasi di implementazione per il prossimo triennio. Rimangono da inquadrare più dettagliatamente gli strumenti operativi e le aree di intervento.

La Green Bank muoverà i primi passi ad aprile 2012, inizialmente come struttura provvisoria, in attesa del via libera definitivo della Commissione europea in materia di aiuti di stato e concorrenza. Trattandosi infatti di un’istituzione statale capitalizzata con denaro pubblico, la banca deve soddisfare la regolamentazione comunitaria di riferimento. Il Tesoro ha deciso di dotare la GIB di un capitale di 3 miliardi di sterline spalmati su quattro anni – un miliardo prelevato direttamente dalle casse statali, il resto dalla vendita di asset pubblici. L’obiettivo è quello di stimolare (“to leverage” ad usare la terminologia inglese) investimenti privati verso progetti redditizi dal positivo impatto ambientale, fino ad un totale di 18 miliardi di sterline. Solo a partire dal 2015, e a condizione che il bilancio statale sia in pareggio, la banca sarà autorizzata a prendere a prestito dal mercato ed a sviluppare i relativi canali di finanziamento. Bisognerà insomma attendere almeno un triennio prima di vedere la nascente istituzione camminare completamente sulle proprie gambe ed agire nel mercato alla stregua di un normale operatore. In caso di conti in rosso nel periodo di transizione, sarebbe stato infatti proprio il Tesoro a dovere farsi carico del debito accumulato, un’eventualità che si è provveduto ad eliminare a priori. Come la gran parte delle iniziative ambientali intraprese dal governo Cameron, anche la Green Bank ha dovuto necessariamente fare i conti con il clima di austerity e magre risorse in bilancio. Il vicepremier Nick Clegg, tra i più ardenti promotori della GIB, ha recentemente rivelato «quanto sia stato difficile assicurare tre miliari quando ogni ministero chiedeva più soldi».

Il Regno Unito si è posto una sfida ambiziosa. Secondo il rapporto della Green Investment Bank Commission, organismo ad hoc nato per studiare la fattibilità di una banca verde, «l’ammontare di investimenti di cui il paese ha bisogno per centrare i target di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e di utilizzo delle fonti rinnovabili è equiparabile al processo di ricostruzione post-seconda guerra mondiale». La Gran Bretagna, rileva sempre la Commission, ha intrapreso una strada in salita, fissando al 15% la porzione di rinnovabili nel mix domestico nel 2020 (nel 2005 era al di sotto del 2%, tra i più bassi in Europa) ed introducendo nel contempo un percorso di riduzione di gas inquinanti tra i più sostanziosi a livello mondiale – il quarto Carbon Budget aspira al 60% entro il 2030 sui livelli del 1990. Si stima che il paese possa avere bisogno fino a 550 miliardi di sterline nel prossimo decennio per rinnovare il sistema domestico di infrastrutture energetiche e rispettare gli impegni ambientali. Come termine di paragone, l’agenzia di consulenza PIRC ha riscontrato nell’annualità 2009-10 investimenti verdi pari a 12,6 miliardi di sterline, meno dell’un per cento del prodotto interno lordo e solamente una porzione della cifra annuale giudicata necessaria al rinnovo del sistema paese.

E’ in questo scenario che si inscrive la nascita della Green Bank, la cui missione, prendendo a prestito le parole del ministero, «è di fornire soluzioni finanziarie per accelerare gli investimenti del settore privato nella transizione verso la green economy», secondo il doppio principio del positivo impatto ambientale e della redditività dell’investimento. In altre parole, la Green Bank appare come uno strumento di politica economica che, in maniera simile ad altre iniziative quali la Carbon tax e il Green Deal, intende creare le condizioni di mercato opportune affinché il settore privato possa operare autonomamente, in linea con la strategia ambientale di medio-lungo periodo. La stessa Green Bank Commission aveva infatti già identificato una serie di fallimenti di mercato (makert failures), dall’asimmetria informativa alle incertezze regolamentari, in grado di soffocare l’azione degli operatori privati. Considerando inoltre l’attuale congiuntura economica non proprio favorevole, è improbabile che i normali canali di finanziamento siano disposti a sostenere il rischio elevato inerente allo sviluppo e realizzazione di varie tecnologie verdi. Senza la Green Bank alcuni progetti dal grosso potenziale potrebbero restare incompiuti.

L’istituto bancario sarà completamente autonomo ed indipendente, ma allo stesso tempo soggetto alle linee guida generali stilate dal ministero di concerto con il Bank Policy Group. Sono già state identificate tre aree primarie di investimento (eolico offshore, efficienza energetica non-domestica e trattamento dei rifiuti), con la possibilità di estendere la copertura alle misure di efficienza domestica (compreso il Green Deal) e all’industria nucleare, un’opzione, quest’ultima, particolarmente osteggiata dagli ambientalisti. Pochi giorni fa il gruppo di investimento Climate Change Capital ha invitato il governo a non limitare i canali di finanziamento a tecnologie sicure e collaudate ma di estenderne il raggio verso progetti innovativi e sperimentali). Il campo d’azione della Green Investment Bank è insomma ancora oggetto di dibattito e possibili ulteriori modiche. Nei prossimi mesi, forse già a settembre dopo la ripresa dei lavori parlamentari, il governo provvederà a specificare nel dettaglio limiti e poteri del nascente istituto, secondo le raccomandazione del neo-costituito Advisory group.

 

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