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Grande Barriera Corallina: “Il 67% dei coralli è morto”

Grande Barriera Corallina: “Il 67% dei coralli è morto”

 

(Rinnovabili.it) – La Grande Barriera Corallina nel 2016 ha patito la più vasta morìa di coralli della sua storia. Nella sua parte settentrionale, una striscia lunga oltre 700 km sulla costa nord dell’Australia, lo sbiancamento causato dalle temperature elevatissime dell’oceano ha ucciso almeno il 67% dei coralli. L’ennesima conferma dello stato disastroso della barriera arriva dall’Arc Centre of Excellence Coral Reef Studies, che ha pubblicato oggi i risultati del suo monitoraggio sul campo a 2 giorni dall’appuntamento all’UNESCO. Il 1 dicembre infatti il governo australiano dovrà consegnare all’Agenzia delle Nazioni Unite il suo report sulla Grande Barriera: è più che probabile che questa volta sarà inserita nella lista dei siti “a rischio”.

L’Australia ha esercitato pressioni già lo scorso maggio per evitare il giudizio dell’UNESCO, perché teme le ricadute negative sul turismo (un giro d’affari di 5 miliardi di dollari). Così nell’ultima sessione aveva semplicemente tolto dal suo rapporto sulle sue politiche di conservazione ambientale ogni riferimento alla barriera. Da allora sono passati 4 mesi, il fenomeno climatico El Nino è finito e sono stati pubblicati molti studi sulla condizione della barriera: difficile, oggi, negare che si tratti di un disastro naturale di proporzioni enormi.

 

Grande Barriera Corallina: “Il 67% dei coralli è morto”Lo studio dell’Arc Centre non lascia spazio a dubbi. Lo sbiancamento dei coralli innescato da El Nino ha ucciso un quarto degli organismi nel settore più settentrionale (ma il range stimato è 11-35%), due terzi in quello nord (47-83%), mentre nelle aree centrali e meridionali ha lasciato meno il segno colpendo rispettivamente il 6% (con forchetta tra il 2 e il 17%) e l’1% dei coralli. Secondo gli scienziati, ci vorranno almeno 10-15 anni perché la barriera si ripristini. Sempre che non avvengano altri fenomeni come quello di quest’anno. E, in ogni caso, l’acidificazione degli oceani e il riscaldamento delle acque – tuttora in aumento secondo il trend del riscaldamento globale – rischiano di compromettere l’area per sempre.

“La maggior parte delle perdite nel 2016 sono avvenute nella parte più settentrionale della Grande Barriera, che è anche la più incontaminata – afferma il professor Terry Hughes, direttore dell’Arc Centre – Questa regione era scampata con danni minori ai due sbiancamenti avvenuti nel 1998 e nel 2002”.

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