(Rinnovabili.it) – Che fine ha fatto la carta delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del deposito nazionale delle scorie nucleari? Se lo è chiesto la commissione parlamentare d’inchiesta sulle ecomafie, i cui membri rilevano «l’effetto negativo che i successivi, ripetuti rinvii possono produrre sull’immagine di trasparenza del procedimento».
Queste parole sono contenute nella relazione sulla gestione dei rifiuti radioattivi in Italia, approvata all’unanimità in commissione e presto al vaglio dei presidenti di Senato e Camera. Poi passerà all’esame del Parlamento. Il documento registra preoccupazione per una possibile percezione, da parte dell’opinione pubblica, di una scarsa trasparenza nel procedimento, considerata «condizione indispensabile, insieme alla credibilità degli attori, affinché l’opera possa essere realizzata in un clima di sufficiente accettazione».
Il fatto che dal 20 agosto – data in cui il governo avrebbe dovuto dare il nulla osta alla carta delle aree idonee scritta da Sogin e validata da ISPRA – non si sappia più niente al riguardo, non depone a favore dell’esecutivo. C’è il rischio che esplodano contestazioni appena questa mappa verrà pubblicata, siamo ormai in ritardo di mesi sulla tabella di marcia e le comunità attendono risposte.
È per questo che la commissione ritiene che «ogni sforzo debba essere compiuto perché la scelta del sito possa avvenire secondo la procedura condivisa, che il decreto legislativo n.31 del 2010 indica come quella privilegiata, senza che si debba giungere ad attivare il meccanismo di chiusura, rappresentato dalla soluzione imposta». Anche perché le imposizioni, spesso e volentieri, generano tensioni sociali tali da mobilitare interi territori. Il numero di movimenti venutisi a formare contro le cosiddette “grandi opere” in Italia tocca livelli record, ed ha raggiunto una trasversalità e una tale capacità comunicativa da costituirsi come fronte coeso e difficilmente scalfibile nel dibattito pubblico. Il governo rischia dunque la paralisi anche sul capitolo scorie nucleari se non adotta un metodo partecipativo e non applica una vera procedura di coinvolgimento delle comunità locali. Lo sanno bene i due soggetti protagonisti dell’operazione: la Sogin, in quanto responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani, ha il compito di localizzare, realizzare e gestire il deposito nazionale, mentre all’Ispra spetta il ruolo di ente di controllo.