Legambiente: “Fermare la deriva petrolifera con il protagonismo dei territori e abrogare le norme pro trivelle a partire dall’articolo 35 del decreto sviluppo”
Sono 5mila i chilometri quadrati di fondali del mar Jonio sotto la minaccia delle trivelle. Un tratto di mare che non è stato risparmiato dalla nuova dissennata corsa all’oro nero, ripartita grazie agli atti normativi degli ultimi due anni che annullano i vincoli per la tutela delle aree marine di pregio e per le coste approvati dopo il disastro causato nel Golfo del Messico dall’incidente della piattaforma della BP.
Oggi nel mar Ionio sono attive 10 richieste per la ricerca di petrolio per un totale di 5.041,23 kmq. Di queste 8 sono in corso di Valutazione di Impatto Ambientale per un totale di 4.046,93 kmq. Una è in fase di rigetto (si tratta della richiesta della Northern Petroleum, che riguarda oltre 700 kmq al largo di Cirò Marina) e una è in fase decisoria, ovvero ha finito il suo iter ed è in attesa dei decreti autorizzativi (si tratta della richiesta di Apennine Energy per un’area di 63 kmq a ridosso della costa tra le Marine di Sibari e Schiavonea).
Chilometri di fondali che se sommati a quelli richiesti in tutt’Italia restituiscono una fotografia agghiacciante: sono, infatti, decine di migliaia i kmq di aree marine oggetto di richieste delle compagnie petrolifere per le loro attività di ricerca o di coltivazione dei giacimenti concentrate nello Jonio, nell’Adriatico centro meridionale e nel Canale di Sicilia. Progetti che se approvati aggiungerebbero decine di nuove trivelle alle 10 piattaforme che già oggi estraggono petrolio dai mari italiani. Una scelta scellerata di politica energetica, che non trova giustificazioni valide neanche dal punto di vista economico, viste le ridicole quantità di petrolio in gioco, e che rischia di compromettere per sempre il futuro delle popolazioni coinvolte da possibili incidenti che metterebbero in pericolo ambiente, turismo, pesca e salute.
È per questo che da Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente che da vent’otto anni è in prima linea a difesa del mare e delle coste italiane, arriva un appello a Governo e Parlamento affinché non solo vengano riviste le scellerate scelte politiche in materia energetica praticate dall’ex ministro dello sviluppo economico Corrado Passera, ma soprattutto venga ridata voce e possibilità di scelta ai territori e alle popolazioni interessate dalle richieste di estrazioni avanzate dalle compagnie petrolifere.
Una richiesta che arriva in occasione del passaggio dell’imbarcazione ambientalista a Crotone dove, oggi pomeriggio alle ore 17.30 presso lo Yachting Kroton club, sul braccio esterno del porto, sarà presentato il dossier “Uscire dal petrolio. No alle trivelle nel mar Jonio”, un documento inedito che racconta i numeri e le storie di una scellerata ripresa della corsa all’oro nero. A presentarlo saranno il vicepresidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani, il presidente di Legambiente Calabria Franco Falcone, Francesca Travierso, presidente del circolo Legambiente di Crotone e Marco De Biasi, presidente Legambiente Basilicata.
“Piuttosto che guardare al futuro con speranza, affrontando il presente con intelligenza, investiamo ingenti risorse economiche per commettere gli stessi errori del passato – dichiara Stefano Ciafani, vicepresidente nazionale di Legambiente – L’Italia è una sorta di paradiso fiscale per i petrolieri che grazie a leggi compiacenti si vedono ridotti a nulla il rischio d’impresa, mettendo però ad alto rischio l’ambiente e l’economia costiera. Stiamo cedendo migliaia di kmq di mare alle società petrolifere, in nome di una presunta indipendenza energetica che durerebbe appena 7 settimane, stando ai consumi attuali e alla stima delle riserve accertate sotto il mare italiane. Di gran lunga migliore sarebbe invece il vantaggio economico, ambientale ed occupazionale che il nostro Paese potrebbe ottenere indirizzando gli investimenti in campo energetico non sui settori tradizionali e sulle fonti fossili ma sull’efficienza e sviluppo delle energie rinnovabili e su una nuova mobilità che riduca i consumi petroliferi del nostro Paese. È per questo che chiediamo al Governo e al Parlamento italiano di rivedere le scelte di politica energetica, abrogando in primis le norme pro trivelle a partire dall’articolo 35 del decreto sviluppo approvato dal Governo Monti”.
La moltiplicazione delle estrazioni petrolifere off-shore aumenterebbe ancora di più il rischio di inquinamento da idrocarburi del mare italiano. Ogni anno verso le coste italiane viaggiano via nave ben 178 milioni di tonnellate di petrolio, quasi la metà di tutto il greggio che arriva in direzione dei porti del Mediterraneo, crocevia delle petroliere di tutto il mondo. Il nostro Paese poi, attraverso 12 raffinerie, 14 grandi porti petroliferi e 10 piattaforme di estrazione off-shore, movimenta complessivamente oltre 343 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi all’anno, a cui vanno aggiunte le quantità di petrolio e affini stoccati in 482 depositi collocati vicino al mare. Purtroppo negli ultimi mesi sono stati diversi i fenomeni di spiaggiamento o di sversamento in mare di prodotti petroliferi, alle isole Egadi, a Gela, solo per citarne alcuni e l’ultimo proprio in questi giorni dalla raffineria dell’ENI di Taranto.
“Uno sversamento in mare, quest’ultimo, di cui si stanno ancora valutando entità e cause, che evidenzia il pericolo per il mare, l’ambiente e la salute dei cittadini che questi fenomeni possono avere anche nel resto dello Ionio, dove si vorrebbero installare anche nuove piattaforme estrattive – spiega Francesco Falcone, presidente di Legambiente Calabria – Purtroppo, negli ultimi anni è ripartita a tutta velocità la corsa all’oro nero anche nel mar Jonio, soprattutto da quando è stato cancellato il divieto di ricerca ed estrazione di petrolio nel Golfo di Taranto con un colpo di spugna normativo inserito nell’estate 2011 nel decreto di recepimento della direttiva sulla tutela penale dell’ambiente. Senza alcun pudore, si è utilizzato un provvedimento che avrebbe dovuto rafforzare le misure di tutela ambientale contro gli eco criminali per inserire un comma che in realtà ha riaperto alle attività di ricerca, prospezione ed estrazione di idrocarburi in mare tutto il Golfo di Taranto. Un comma assolutamente fuori tema che risponde unicamente agli interessi delle compagnie petrolifere”.
Eppure, la costa jonica della Calabria – nonostante le aggressioni messe in atto in spregio a politiche e strategie di tutela che si sono dimostrate insufficienti – rimane comunque straordinaria per i suoi paesaggi naturali e la ricca biodiversità. Per preservare tutto questo e per uno sviluppo economico, ambientale e occupazionale diverso, la Regione, le Province e le Amministrazioni Comunali costiere da tempo hanno espresso la loro perplessità e contrarietà al processo di petrolizzazione del mare italiano. Si sta facendo sempre più strada, infatti, un sano protagonismo dei territori e delle istituzioni locali contro le nuove trivelle, sia in Calabria che nelle altre regioni italiane. Ma la Strategia energetica nazionale sembra seguire un’altra strada, accentrando ancora di più il ruolo del Ministero dello Sviluppo Economico e del Governo nazionale, lasciando alle Regioni e agli enti locali solo un ruolo marginale e non vincolante per il rilascio di concessioni.
“Questo territorio, grazie alla natura che si è comunque conservata, rappresenta un’eccellenza dal punto di vista turistico. Siamo disposti a barattare questa nostra vocazione per agevolare un’assurda e forsennata corsa al petrolio? – dichiara Francesca Travierso, presidente del circolo Legambiente di Crotone – Tutti i settori economici operanti sul mare sono chiamati ad adeguarsi all’esigenza di tutela della biodiversità e combattere la riproposizione delle vecchie logiche secondo cui ai settori più deboli si continuano a chiedere sforzi e sacrifici per agevolare interessi e poteri forti. Confidiamo, dunque, in una forte azione congiunta di Regione ed Enti Locali per assicurarsi un ruolo determinante in scelte così importanti per il loro futuro”.