Dodici prelievi su ventiquattro hanno evidenziato cariche batteriche oltre le soglie consentite. La situazione più critica nel palermitano, dove nessuna analisi è risultata in regola
È un bicchiere che ci ostiamo a vedere “mezzo pieno” quello della Sicilia, perché crediamo nella potenzialità di questa terra, nonostante i tanti problemi ancora irrisolti, a partire dall’emergenza depurazione. Nel frattempo non possiamo che denunciare quello che ancora non va: la metà dei campionamenti effettuati nell’isola da Goletta Verde è “fuorilegge”, specie per i prelievi effettuati in prossimità di foci di fiumi e scarichi. Le acque campionate dai biologi di Legambiente evidenziano la presenza di scarichi non depurati adeguatamente con presenze di valori di escherichia coli e enterococchi intestinali al di sopra dei valori consentiti dalla normativa vigente.
Dodici prelievi su ventiquattro hanno dato esito negativo e la quasi totalità di questi sono stati giudicati “fortemente inquinati”. Sotto accusa ancora una volta foci dei fiumi e scarichi, che dimostrano delle carenze depurative, risultato di un insufficiente trattamento dei reflui che interessano non solo i comuni costieri che ospitano lo sbocco dei fiumi ma anche i comuni dell’entroterra. E ad un anno esatto dal passaggio di Goletta Verde nell’isola siciliana ancora nulla è stato fatto per rimediare alla disastrosa questione della depurazione che aveva fortemente contribuito alla condanna dell’Unione Europea all’Italia per inadempienza sulla Direttiva n.271 del 1991 relativa all’adeguamento del trattamento reflui urbani. Oggi i comuni siciliani (che rappresentano il 52% del totale di comuni italiani condannati) hanno a disposizione oltre un milione di euro (1,1 miliardi) per risolvere i problemi strutturali e l’adeguamento dei sistemi depurativi dei comuni: ma i fondi Cipe, in scadenza a dicembre 2013, rischiano di non essere utilizzati a causa della mancata progettazione da parte degli enti preposti. Legambiente chiede, dunque, alla Regione e amministrazioni locali di adoperarsi subito alla programmazione economica degli investimenti, sfruttando l’occasione offerta dai finanziamenti Cipe tutelando così uno dei più importanti patrimoni di questa terra: il mare e il sistema fluviale.
È questa la fotografia scattata da Goletta Verde, la celebre campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio ed all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane, realizzata anche grazie al contributo del COOU, Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati che ha fatto tappa in Sicilia oltre che per verificare lo stato di salute del mare, anche per puntare l’attenzione sulla cementificazione delle coste e il consumo di suolo. L’istantanea regionale sulle analisi dell’equipe di biologi di Legambiente, è stata presentata questa mattina, in conferenza stampa al Bar Oasi del porto di Siracusa, da Rossella Muroni, direttrice generale Legambiente; Gianfranco Zanna, direttore Legambiente Sicilia; Paolo Tuttoilmondo, segreteria Legambiente Sicilia.
L’obiettivo del monitoraggio di Goletta Verde è quello di individuare i punti critici di una regione, anche analizzando il carico batterico che arriva in mare dalle foci dei fiumi. Anche nel caso della Sicilia, dunque, l’attenzione è stata incentrata principalmente alla foci, così come sugli scarichi dei depuratori, senza però tralasciare tratti di spiaggia “sospetti” segnalati dai cittadini, attraverso il servizio Sos Goletta, o dai circoli locali di Legambiente. Goletta Verde, è bene ribadirlo, effettua un’istantanea che non vuole sostituirsi ai monitoraggi ufficiali. È evidente, però, che i punti critici evidenziati dai nostri monitoraggi meritano un approfondimento da parte delle amministrazioni competenti per individuarne le cause e risolvere il problema. In molti casi, inoltre, i tecnici di Goletta Verde hanno evidenziato anche l’assenza di cartelli di divieti di balneazione, laddove invece sarebbe opportuno avvertire i cittadini sui rischi di inquinamento delle acque e vietarne l’entrata in acqua
“La Sicilia gode di panorami mozzafiato, spiagge ancora intatte e molti tratti di mare con acque cristalline. Non possiamo permettere che questo patrimonio venga distrutto dall’incapacità di chi non riesce da anni a risolvere il problema della depurazione – dichiara Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente – Quella della depurazione dei reflui è un’emergenza per l’intero territorio italiano, ma qui in Sicilia si riscontrano ancora percentuali elevatissime di scarichi che finiscono direttamente nei fiumi e quindi nel mare, senza essere opportunamente depurati. Non bisogna continuare a cullarsi nel far nulla, chiedendo a questo mare capace di una grande rigenerazione uno sforzo non più sostenibile. Le nostre analisi ancora una volta mettono in risalto queste criticità ed è arrivato il tempo che chi è stato chiamato a gestire questa emergenza faccia qualcosa. Ne va del futuro di quest’isola, già sotto attacco da parte di costruttori senza scrupoli. La stessa economia turistica potrà crescere solo se riusciremo a immaginare uno sviluppo diverso, che sia davvero sostenibile e duraturo”.
LA SITUAZIONE PROVINCIA PER PROVINCIA
Questa la situazione nel dettaglio per le province siciliane. La situazione più critica in provincia di Palermo, dove le analisi dei quattro campionamenti hanno evidenziato cariche batteriche di molto oltre quelle consentite, giudicati “fortemente inquinati”. A partire dalla stessa città di Palermo, dove sono stati effettuati due prelievi, uno in località Tonnara Bordonaro (presso il tubo di scarico sulla spiaggia) e in località Bandita (fronte ospedale in via Messina Marina). Gli altri due prelievi “fuorilegge” sono risultati quelli a Terrasini (località Porto Diga Foranea, nei pressi dei faraglioni a destra della spiaggia) e alla spiaggia nei pressi del vecchio Oleificio, in località Porto del comune di Termini Imerese.
Cinque i campionamenti in provincia di Messina, tutti risultati entro i limiti di legge, a partire dal comune capoluogo dove sono state analizzate le acque prelevate in località Santo Saba – Contrada Mella, in prossimità di un tubo di scarico della spiaggia. Entro i limiti anche i prelievi nei comuni di Spadafora (località Fondaconuovo, nei pressi della foce del fiume Boncoddo); Milazzo (località Lungomare di Ponente, Ngonia Baia del Tono); e due a Barcellona Pozzo di Gotto (il primo in località Calderà, nei pressi della foce del fiume Mela, e il secondo in località Spinesante, nei pressi del lungomare di fronte “Villa Maria”).
Tre i campionamenti in provincia di Catania, due dei quali risultati fortemente inquinati: il primo nel comune di Catalabiano, in località San Marco, nei pressi della foce del fiume Alcantara e il secondo nel comune di Acicastello, nei pressi dello scarico fognario del Porto di Acitrezza. Entro i limiti le analisi nel comune capoluogo (località Primosole beach, nei pressi della Foce del Sineto).
Due su quattro i campioni “fuorilegge” prelevati nella provincia di Siracusa. Sono risultate fortemente inquinate le acque prelevate nel comune di Siracusa (località Porto Grande – Zona Pantanelli, nei pressi della foce del canale Grimaldi) e nel comune di Priolo (località zona industriale, dietro la stazione, nei pressi della foce del torrente Mostringiano). Entro i limiti, invece, i due prelievi effettuati nel comune di Noto, entrambi all’interno dell’Area Protetta di Vendicari (il primo nei pressi della foce del fiume Tellaro e il secondo alla spiaggia di Vendicari).
In provincia di Ragusa un solo campionamento presentava cariche batteriche oltre la soglia stabilita: quello prelevato nel comune di Scicli, località Arizza, nei pressi della foce Fiumara Modica, giudicato “inquinato”. Entro i limiti, invece, i prelievi effettuati a Modica (località Marina di Modica, in piazza Mediterraneo) e nel comune capoluogo (località Riserva naturale foce del fiume Irminio, nei pressi della foce).
Passando alla provincia di Caltanissetta, è risultato fortemente inquinato il prelievo a Gela, in località Macchitella, nei pressi della foce del fiume Gattano.
Un campionamento nell’agrigentino, risultato fortemente inquinato: quello prelevato alla foce del fiume Salso, nei pressi dello scarico del depuratore, nel comune di Licata.
Tre i prelievi, infine, in provincia di Trapani, di cui solo uno è risultato fortemente inquinato: quello nel comune di Castelvetrano, in località Marinella/Selinunte, nei pressi dello scarico del depuratore, il campionamento è risultato “fortemente inquinato”. Nei limiti, invece, i prelievi nel comune di Erice, località Casa Santa, nei pressi del Pennello a destra della tonnara di San Cusumano; e a Mazara del Vallo, al lungomare di Levante, nei pressi del Lungomare San Vito.
Criticità già sottolineate nell’ultimo rapporto dell’Istat (anno 2008) che fece meritare alla regione il primo posto in Italia per l’insufficienza depurativa, con solo il 47,3% di adeguata copertura. E lo scorso anno, proprio nei giorni del passaggio di Goletta Verde in Sicilia, arrivò dalla Corte di Giustizia Europea una condanna per inadempienza sulla Direttiva n.271 del 1991 relativa all’adeguamento del trattamento reflui urbani che chiamò in causa ben 57 comuni della regione siciliana, il 52% del totale di comuni italiani condannati. Di questi sono ben 27 gli agglomerati siciliani che ricevettero la condanna più grave, in quanto manchevoli di rete fognarie. Purtroppo in un anno nulla è stato fatto per cercare di porre rimedio alla gravissima situazione in cui versa la regione. Questo nonostante la disponibilità certa di finanziamenti.
“L’abbiamo chiesto con forza lo scorso anno e siamo costretti ancora a ripeterci: rischiamo di perdere l’occasione offerta dai fondi “Cipe” per l’incapacità di chi ci amministra – Gianfranco Zanna, direttore Legambiente Sicilia – Degli 1,7 miliardi di euro stanziati per le regioni del mezzogiorno, alla Sicilia spettano ben 1,1 miliardi per i comuni che ancora sono carenti dei servizi di fognatura e depurazione. Non è tollerabile che non si sappia ancora quando e come questi fondi vengano investiti. Oltre il danno così si aggiunge la beffa, perché non solo danneggiamo il nostro ambiente e mettiamo a rischio la salute dei cittadini, ma siamo anche costretti a pagare multe salatissime quando potremmo investire questi soldi in tutt’altro modo. Non si può più rimandare il risanamento di questa situazione, per cui chiediamo a gran voce che i fondi vengano immediatamente utilizzati e si trasformino in interventi concreti per contrastare questo triste primato sulla depurazione. È l’intera economia siciliana che ne trarrà benefici e in questo periodo di crisi non possiamo perdere questa grande occasione”.
“Su Siracusa la priorità rimane la sua tutela dall’inquinamento prodotto dallo scarico delle acque reflue provenienti dal depuratore cittadino – dichiara Paolo Tuttoilmondo, segreteria Legambiente Sicilia – Le opere per dirottarle fuori dal Porto e riutilizzarle per scopo irriguo o industriale esistono già, quella che finora è mancata è stata la volontà politica di farlo. Poi si metta finalmente mano all’elaborazione del Piano Regolatore del Porto in armonia con gli indirizzi di revisione del P.R.G. e degli atri strumenti urbanistici. Si abbandonino i progetti di cementificazione, si completi la riqualificazione delle banchine; si realizzi la Stazione marittima al Molo S. Antonio e si doti il porto di una infrastrutturazione sostenibile, rispettosa dei valori storici e paesaggistici dell’area”.
Anche quest’anno il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati è Main Partner della storica campagna estiva di Legambiente. “La difesa dell’ambiente, e del mare in particolare, rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione”, spiega Antonio Mastrostefano, responsabile Comunicazione del COOU. L’olio usato è ciò che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli di ciascun cittadino. “Se eliminato in modo scorretto – continua – questo rifiuto pericoloso può danneggiare l’ambiente in modo gravissimo: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in mare inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche”. A contatto con l’acqua, l’olio lubrificante usato crea una patina sottile che impedisce alla flora e alla fauna sottostante di respirare. Nel 2012 in Sicilia, il Consorzio ha raccolto 7.227 tonnellate di oli lubrificanti usati, 606 delle quali in provincia di Siracusa.