Già il 9% della produzione petrolifera e il 6% di quella di gas naturale attuale è in contrasto con l'obiettivo di contenere entro 1,5°C il riscaldamento globale.
Il report della ONG Global Witness ha incrociato le previsioni d’investimento delle major del gas e del petrolio con i dati sul cambiamento climatico dell’IPCC
(Rinnovabili.it) – L’investimento di quasi 5mila miliardi di dollari in nuovi siti d’estrazione di idrocarburi previsto dalle maggiori compagnie energetiche mondiali è incompatibile con il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi: a sostenerlo è un report pubblicato dalla ONG Global Witness che ha incrociato i numeri sui futuri investimenti annunciati dai colossi del gas e del petrolio con i dati forniti dall’Intergovernamental Panel on Climate Change (IPCC).
Secondo il gruppo di ricerca, già il 9% della produzione petrolifera e il 6% di quella di gas naturali attualmente attiva sarebbe incompatibile con l’obiettivo di limitare a 1,5°C il riscaldamento globale entro la fine del secolo. Di qui l’assoluta incompatibilità dei nuovi siti d’estrazione per i quali le compagnie energetiche hanno stimato un investimento di 4,9mila miliardi di dollari tra il 2020 e il 2029.
Nei prossimi 10 anni, ExxonMobil spenderà la quota maggiore per attivare nuovi siti d’estrazione (149 miliardi di dollari per giacimenti di petrolio, 18 miliardi per quelli di gas), seguita dalla Dutch Royal Shell (106 miliardi di dollari in petrolio e 43 miliardi per il gas naturale). Nel complesso, le 5 maggiori compagnie petrolifere del mondo (ExxonMobil, Shell, Chevron, Total e BP) dovrebbero investire oltre 550 miliardi di dollari in estrazioni che, secondo gli esperti di Global Witness, sono in conflitto con il raggiungimento degli obiettivi degli accordi di Parigi.
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“C’è un gap allarmante tra i piani energetici delle grandi compagnie d’estrazione e quello che la scienza richiede per evitare la più catastrofica e imprevedibile crisi climatica”, spiega in una nota Murray Worthy, tra i principali autori del report.
Secondo gli esperti della ONG, le strategie per contenere le emissioni delle maggiori compagnie energetiche si basano su futuri scenari in cui le tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2 (CCS) saranno largamente utilizzate. Tuttavia, in un report dello scorso anno, proprio l’IPCC sottolineava come tali tecnologie siano ancora in una fase iniziale di sviluppo e che l’investimento in CCS sia in larga parte assente nei piani nazionali per il raggiungimento degli accordi di Parigi. Eppure, secondo quanto riportato nel report Global Witness, le compagnie energetiche avrebbero inserito nei propri piani di riduzione delle emissioni quote di cattura e stoccaggio di CO2 pari a quella prodotta in tutto il XX secolo.
Il report arriva a un mese dalle assemblee degli azionisti di BP e Shell e mira a mettere ulteriore pressione agli investitori che vi prenderanno parte: “Dovranno preoccuparsi, e giustamente, se i piani di spesa del settore petrolifero e del gas sono così drasticamente incompatibili con il contenimento del cambiamento climatico– spiega Worthy – Questo report dovrebbe spingerli a incoraggiare le major del petrolio e del gas ad allineare in modo credibile i loro piani di business con gli obiettivi di Parigi. Continuare ciecamente sulla stessa strada porterebbe enormi rischi finanziari anche per gli investitori, sia come risultato della transizione verso un’economia a basse emissioni, sia per l’accumulo di sempre più devastanti conseguenze del cambiamento climatico”.
Proprio sotto richiesta dei propri investitori, BP ha recentemente annunciato che renderà ota la propria strategia di limitazione delle emissioni in accordo con gli obiettivi di Parigi, mentre Shell sta studiando l’introduzione di target taglia emissioni anche per i prodotti che commercializza.