Il Comitato fitosanitario di esperti europei dovrebbe rinviare la decisione sulla nuova approvazione per il glifosato. Troppi Stati contrari
(Rinnovabili.it) – Non ci sarà nessun rinnovo di autorizzazione per il glifosato. Almeno non oggi. L’Unione europea, secondo conferme ottenute da Reuters da due fonti anonime, ha deciso di rinviare la decisione sulla contestatissima sostanza, base di centinaia di erbicidi utilizzati in tutto il mondo.
La decisione doveva essere presa in seno al Comitato fitosanitario permanente, un tavolo tecnico i cui partecipanti – esperti nominati dagli Stati membri – non sono identificabili. Qualche giorno fa era trapelata una comunicazione interna della Commissione europea, in cui sembrava ormai chiara la linea da seguire: sì al glifosato fino al 2031. Ma la pressione della società civile e delle organizzazioni ambientaliste, preoccupate per i probabili effetti cancerogeni di questa sostanza, ha indotto alcuni Stati a tirarsi indietro. Prima fra tutti la Francia, che la scorsa settimana ha annunciato il voto contrario del suo esperto nel Comitato. Svezia e Paesi Bassi si sono accodati, chiedendo nuovi studi per accertare la sicurezza dell’erbicida. Poi anche l’Italia, ieri, con due tweet dei Ministri Martina, Lorenzin e Galletti ha dichiarato la sua opposizione. La via d’uscita proposta dai nostri ministeri, tuttavia, è pericolosissima. Propongono di abbandonare il glifosato nel 2020, estendendo nei fatti l’autorizzazione all’uso e al commercio per altri 4 anni.
Nel frattempo, è girata la voce che la Germania si sarebbe astenuta. Nonostante la maggioranza rimanesse ampia, le posizioni di Francia e Germania hanno indotto la Commissione a prendere tempo.
La riunione del tavolo tecnico fitosanitario, iniziata ieri, oggi doveva giungere ad un verdetto favorevole. Ma la decisione sarebbe andata in diretto contrasto con il parere della IARC, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS. Lo scorso anno, di questi tempi, gli esperti internazionali avevano definito il glifosato «probabilmente cancerogeno per l’uomo», suscitando la reazione rabbiosa dei colossi della chimica e dell’agribusiness, in particolare Monsanto. L’azienda, produttrice del Roundup (diserbante a base di glifosato), su questa sostanza ha costruito un giro d’affari da 5 miliardi di dollari l’anno.
Lo studio-bomba della IARC avrebbe potuto colpire al cuore un business tanto redditizio, ma l’Agenzia per la sicurezza alimentare europea è venuta in soccorso delle aziende. Lo scorso novembre ha pubblicato il suo parere sul glifosato, definendolo «probabilmente non cancerogeno». Ne è seguita una levata di scudi da parte del mondo scientifico, dei consumatori e degli ambientalisti, tutti uniti nel denunciare la metodologia niente affatto scientifica con cui è stato raggiunto questo verdetto. In effetti, non è facile fidarsi di chi usa gli studi prodotti dall’industria e non li pubblica nemmeno, perché coperti da segreto commerciale. Quando c’è in gioco la vita, non è proprio l’ideale credere sulla parola ad esperti il cui panel è stato più volte infiltrato da personalità pagate dalle aziende.
«Le pressioni pubbliche hanno raggiunto un primo risultato – dichiara Vincenzo Vizioli, presidente di AIAB – Anche l’Italia, dopo un lungo periodo di silenzio, è stata costretta ad annunciare il parere negativo. Ma non è accettabile la via d’uscita proposta dai ministri di Agricoltura e Salute: non si può regalare altri 4 anni alle multinazionali che vendono una sostanza pericolosa per la salute pubblica. Dobbiamo smettere di utilizzare il glifosato. Adesso».