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Il glifosato non è cancerogeno: arriva il giudizio dell’ECHA

glifosato

Finalmente l’Efsa pubblicherà i suoi dati sul glifosato

 

(Rinnovabili.it) – Il glifosato non deve essere classificato come sostanza cancerogena. È il parere dell’Echa, l’Agenzia UE per le sostanze chimiche, che ha pubblicato oggi la sua opinione. Il verdetto finale di un lungo e tormentato percorso che ha visto scontrarsi le principali agenzie mondiali e statali, gli interessi dell’industria e le proteste della società civile. Nella sostanziale immobilità delle istituzioni di Bruxelles, a cui adesso passa la palla. Sarà infatti la Commissione a recepire il parere dell’Echa e pronunciare l’ultima parola. In ballo il rinnovo della licenza al glifosato, su cui il braccio esecutivo della UE si è arenato per mesi l’anno scorso, arrivando poi a giugno 2016 con una proroga temporanea di 18 mesi.

 

Il parere dell’ECHA sul glifosato

L’Echa ha stabilito che il glifosato, molecola creata dalla Monsanto e alla base dei più comuni pesticidi in commercio, «non deve essere classificato né come cancerogeno, né come agente mutageno, e neppure come sostanza tossica per la riproduzione», ha spiegato in conferenza stampa Tim Bowmer, capo del Comitato per la valutazione del rischio (Rac) dell’Agenzia. Gli unici effetti negativi riconosciuti sono seri danni agli occhi e tossicità per la vita acquatica con effetti duraturi. «Il parere è stato adottato per consenso – ha aggiunto – ed è stato condiviso da tutti gli esperti del Comitato», che sono espressione degli Stati membri ma chiamati, almeno in teoria, ad agire come scienziati indipendenti.

Perché il problema del conflitto di interessi è sempre dietro l’angolo. Non è certo un segreto che l’industria dell’agrochimica abbia tentato, in continuazione, di fare pressioni sui membri dei diversi organi chiamati a pronunciarsi sul glifosato. In passato questi conflitti sono talvolta emersi, anche in maniera eclatante – ma nessun provvedimento è stato preso. E il passaggio dell’Echa era decisivo per tenere aperti i mercati europei al pesticida. «Non abbiamo bisogno di dimostrare ulteriormente che non sono in essere azioni di lobbying da parte dell’industria verso i membri del comitato», assicura Bowmer.

Di tutt’altro avviso i movimenti che si battono per l’abolizione del pesticida. «Abbiamo lanciato già alcuni giorni fa l’allarme sul possibile conflitto di interessi di alcuni membri della Commissione che ha emanato questo parere – sottolinea la portavoce della Coalizione #StopGlifosato Maria Grazia MammucciniAlmeno tre di loro hanno lavorato per società di consulenza del settore chimico, interessate a sostenere il glifosato e a non far partire un serio ripensamento sull’uso globale dei pesticidi nell’agricoltura europea».

 

Zero rischi?

glifosatoA queste conclusioni, l’Echa è arrivata dopo aver passato in rassegna sia il corpus di studi scientifici sul glifosato già pubblicati, sia quelli prodotti dall’industria (e tenuti segreti, dunque non verificabili dalla comunità scientifica), oltre ai pareri in materia espressi in precedenza da altre organizzazioni e istituti. E la valutazione dell’Echa va direttamente contro quella dello Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro che aveva classificato il glifosato come cancerogeno. Come è possibile questa difformità? «Il livello di evidenza cui fa riferimento lo Iarc, dal punto di vista epidemiologico, non ci pare abbastanza forte per giungere alle stesse conclusioni», commenta ancora Bowmer.

Ma una cosa è la chimica, un’altra la valutazione del rischio. E benché il Comitato sia proprio “per la valutazione del rischio”, il suo parere prende in considerazione soltanto le eventuali proprietà pericolose per la salute della sostanza chimica in sé. Resta invece del tutto fuori dalla valutazione tanto la probabilità di esposizione al glifosato, quanto di conseguenza i rischi che possono derivare da diverse soglie di esposizione.

 

“Una decisione paradossale”

«Questo parere, secondo quanto dichiarato dalla stessa agenzia, esclude la valutazione dei rischi da esposizione prolungata di esseri umani (agricoltori e consumatori), sui quali l’ECHA paradossalmente non si esprime – commenta Patrizia Gentilini, dell’Associazione medici per l’ambiente – Ma è proprio l’esposizione sia professionale che residenziale o attraverso l’acqua e gli alimenti, che rappresenta un rischio per la salute delle persone, specie delle frange più vulnerabili quali donne in gravidanza e bambini». Punto sollevato, tra l’altro, da decine di eurodeputati. Nel maggio dello scorso anno 48 di loro si erano sottoposti all’esame delle urine e in tutti e 48 i campioni erano state rinvenute tracce di glifosato, con percentuali che ondeggiavano tra gli 0,17 e i 3,57 microgrammi per litro. Di tutto ciò, l’Echa non ha tenuto conto.

«L’ECHA ha fatto un gran lavoro per spazzare sotto il tappeto le prove che il glifosato potrebbe causare il cancro», dichiara Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura sostenibile di Greenpeace Italia. «I dati a disposizione sono più che ­­­­­­­sufficienti per vietare il glifosato in via cautelativa, ma l’ECHA ha preferito voltare lo sguardo dall’altra parte. Ora spetta quindi all’Italia rimuovere subito il glifosato dai nostri campi, a cominciare dai disciplinari agronomici di produzione integrata, dato che persone e ambiente non possono diventare topi da laboratorio dell’industria chimica», conclude Ferrario.

 

Aspettando la Commissione

Dal glifosato agli OGM, l’UE prova la carta della trasparenzaLo studio dell’Echa è l’ultimo passaggio prima della decisione finale che dovrà prendere la Commissione europea sul rinnovo della licenza per il glifosato. Fino ad ora, nessuno Stato si è voluto assumere la responsabilità di rinnovare o bloccare il pesticida. Con vette di ipocrisia, come nel caso della Germania. I tedeschi l’anno scorso avevano prima spinto la Commissione verso il sì all’erbicida (il parere favorevole espresso dall’Agenzia europea Efsa si basava su quello dell’Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi, il BfR). Poi hanno nascosto la mano: si sono sempre astenuti. Con buona pace del principio di precauzione.

Nel frattempo si moltiplicano le iniziative della società civile. Il 25 gennaio scorso è partita la campagna europea Stop Glifosato che ha l’obiettivo di raccogliere almeno 1 milione di firme nell’arco del 2017. Alcuni Stati, poi, sono orientati per vietare la commercializzazione del pesticida entro i propri confini, come la Francia. Una decisione che potrebbe però esporre a ritorsioni da parte dell’industria e causare problemi legali non trascurabili, specie in presenza di una decisione definitiva favorevole al glifosato in sede UE. Proprio su Bruxelles ora si concentra l’attenzione: dovrà decidere entro il 31 dicembre 2017.

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