Il World Wildlife Day 2024 è stato istituito nel 2013 per ricordare la Convenzione CITES
(Rinnovabili.it) – L’innovazione digitale può aiutarci a frenare la perdita di biodiversità e proteggere piante e animali selvatici. Grazie alle tecnologie e ai servizi di conservazione digitale, oggi, possiamo migliorare la conservazione della fauna selvatica, tutelare il commercio sostenibile e legale di animali selvatici e perfezionare la coesistenza uomo-fauna selvatica. È il tema al centro dell’edizione di quest’anno della Giornata mondiale della natura selvatica 2024 (World Wildlife Day 2024), che si celebra il 3 marzo fin dal 2013, ma quest’anno gli eventi per accendere un faro su questo tema si svolgono il 4 marzo, alla sede ONU di New York.
“App rivoluzionarie ora ci consentono di distinguere le diverse specie di tigri in pochi secondi. I droni ci stanno aiutando a vagare per vaste aree per individuare i siti di nidificazione delle tartarughe marine. Sistemi di tracciamento avanzati, analisi dei dati in tempo reale e soluzioni basate sull’intelligenza artificiale stanno fornendo agli ambientalisti di tutto il mondo strumenti senza precedenti per aiutare a identificare, monitorare, tracciare e, in ultima analisi, preservare la fauna selvatica”, sottolinea Ivonne Higuero, segretaria generale di CITES.
Perché celebriamo la Giornata mondiale della natura selvatica 2024?
Una data che ricorda la firma della Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora (CITES) nel 1973, entrata poi in vigore il 1° luglio 1975. La CITES si occupa di assicurarsi che il commercio internazionale non provochi danni alle specie selvatiche dichiarate in pericolo. Il commercio in questo ambito è molto vario e riguarda sia animali vivi e piante, sia una vasta gamma di prodotti derivati dalla fauna selvatica. Tra cui prodotti alimentari, pelletteria esotica, strumenti musicali in legno, legname, curiosità per turisti, medicinali. I livelli di sfruttamento di alcune specie animali e vegetali sono elevati e il loro commercio, insieme ad altri fattori come la perdita di habitat, può far declinare le loro popolazioni e persino di portare alcune specie sull’orlo dell’estinzione.
Gli strumenti digitali possono dare una grande mano in questo compito, ricorda la Giornata mondiale natura selvatica 2024. “I satelliti stanno già aiutando a rintracciare gli animali in pericolo. E i dati stanno tracciando la migrazione della fauna selvatica e l’uso del territorio, supportando gli sforzi per proteggerli. Se utilizzate in modo responsabile, sostenibile ed equo, le tecnologie digitali hanno il potenziale per rivoluzionare la conservazione”, sottolinea il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres.
“Al Summit del Futuro di quest’anno, gli Stati membri discuteranno le nostre proposte per sviluppare nuovi parametri per integrare il prodotto interno lordo. Attività come la pesca eccessiva e il disboscamento aumentano il PIL mentre devastano la natura. Metriche complementari possono fornire equilibrio, misurando le cose che contano davvero per le persone e il pianeta”, continua Guterres. “Invito inoltre i paesi a intraprendere azioni urgenti per ridurre drasticamente le emissioni, adattarsi ai cambiamenti climatici estremi, prevenire l’inquinamento e frenare la perdita di biodiversità, compreso il riconoscimento del ruolo svolto dalle popolazioni indigene nella protezione della biodiversità”.
I numeri della perdita di biodiversità oggi
Nel 2019, l’IPBES – la Piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici – ha pubblicato il rapporto più completo sullo stato di conservazione delle specie animali e floreali in tutto il mondo. Il risultato della valutazione è che a causa dell’uomo, un milione di specie animali e vegetali è a rischio estinzione. A partire dal 1900, sostiene l’IPBES, l’abbondanza media di specie autoctone nella maggior parte degli habitat terrestri è diminuita di almeno il 20%. E attualmente è minacciato il destino di più del 40% delle specie di anfibi, di quasi il 33% dei nuovi coralli e di oltre un terzo di tutti i mammiferi marini.
Si trattava di una fotografia globale ma provvisoria e basata su dati mancanti o ricavati per estrapolazione rispetto a molti generi di animali e piante. Soprattutto per gli insetti. Da allora molti studi hanno provato a fornire una fotografia più aggiornata e granulare. E i loro risultati dipingono uno scenario se possibile ancora peggiore di quello fornito dall’IPBES 5 anni fa.
Uno studio pubblicato su PLOS ONE nel 2023 rianalizza le circa 15mila specie minacciate inserite nella Red List dello IUCN per la parte relativa all’Europa e calcola che il 19% sia da considerare a rischio estinzione. Per estrapolazione, gli autori derivano una stima di 2 milioni di specie sull’orlo dell’estinzione a livello globale. Il doppio delle stime IPBES del 2019.
Altri lavori si sono concentrati in modo più settoriale e sul ruolo dell’uomo. Uno studio pubblicato l’anno scorso da ricercatori dell’università di Goteborg ha ricostruito la scomparsa delle specie di uccelli per cause antropiche negli ultimi 120.000 anni usando metodi statistici e la Nuova Zelanda come parametro di riferimento. L’isola è l’unica per la quale si ritiene di avere una conoscenza completa e accurata di tutte le specie estinte. Risultato? C’è l’uomo dietro l’estinzione del 12% delle specie di uccelli.
Altre linee di ricerca focalizzano lo sguardo sulle dinamiche e le conseguenze per la vita sulla Terra dell’estinzione di massa in corso, la 6° nella storia del Pianeta. Uno studio del 2023 apparso su PNAS sposta l’attenzione dall’estinzione delle specie a quella dei generi: il tasso di scomparsa oggi è 35 volte più alto di quello di fondo calcolato sull’ultimo milione di anni. Perdere interamente generi e famiglie significa non poter più contare sulle funzioni che essi svolgevano. Così si sta “mutilando l’albero della vita”, scrivono gli autori.