(Rinnovabili.it) – Si festeggia oggi come ogni 22 maggio la Giornata mondiale della Biodiversità, l’appuntamento proclamato nel 2000 dall’ONU per celebrare l’adozione della Convenzione sulla Diversità Biologica (CDB). Dopo 15 anni l‘evento torna ancora una volta a puntare i riflettori sulla difesa e valorizzazione del “capitale naturale”, scegliendo un nuovo connubio come tema 2015. Il leit motiv di quest’anno è “Biodiversity for Sustainable Development”, ovvero “biodiversità per lo sviluppo sostenibile”, scelto dagli organizzatori per riflettere l’importanza degli sforzi, compiuti a tutti i livelli, per stabilire una serie di obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) nell’ambito dell’Agenda per lo sviluppo post-2015 dell’ONU e il ruolo della diversità biologia in questo percorso. Ma soprattutto il tema ricorda l’adozione della Dichiarazione di Gangwon, l’impegno concordato dalla COP di Pyeongcheang lo scorso anno, in cui le parti hanno concordato sulla necessità di un’azione più decisa per raggiungere tali obiettivi e di un impegno ad agire con maggiore tempestività. Tramite la nuova dichiarazione di Gangwon, i ministri si sono formalmente impegnati a garantire alla biodiversità un posto di primo piano negli obiettivi di sviluppo sostenibile, che sostituiranno gli obiettivi di sviluppo del millennio.
Nello scorso Semestre Europeo, quello a guida italiana, il ministero dell’Ambiente ha lavorato per fare della patrimonio naturale un elemento sempre più centrale nelle agende dei governi per il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile e duraturo. Nei sei mesi di Presidenza delle istituzioni europee è nata la Carta di Roma sul capitale naturale e culturale, per incrementare l’integrazione delle tematiche della diversità biologica nelle politiche di settore, anche in un’ottica di sviluppo dell’economia verde.
Si tratta di un passaggio fondamentale e a spiegarci il perché è il rapporto “Biodiversità a rischio 2015” di Legambiente. Il documento fa il punto sullo stato di salute delle specie viventi, sui principali fattori di rischio a cui il nostro pianeta è sottoposto da anni, ricordandoci che oltre quinto del totale delle specie presenti solo nel nostro Paese sono a rischio di estinzione. Ma non solo. Il 60% delle specie e il 77% degli habitat in Europa sono in uno stato di conservazione non favorevole e probabilmente non raggiungeranno l’obiettivo generale di fermare la perdita di biodiversità entro il 2020. E circa la metà dei corpi idrici d’acqua dolce in Europa difficilmente raggiungerà il “buono stato ecologico” nel 2015, come stabilito da una Direttiva del 2000.
Le conseguenze di queste “perdite” potrebbero essere drammatiche. Basti pensare ai 135 milioni di persone che rischiano nei prossimi anni di dover migrare a causa della desertificazione, ai 50 milioni di persone che vivono in foreste minacciate dalla deforestazione e al sovra sfruttamento del 96% degli stock ittici del Mediterraneo, a causa della pesca eccessiva e non sostenibile. Da sottolineare, inoltre, l’aspetto economico che consegue alla perdita di biodiversità e al degrado degli ecosistemi: secondo l’OCSE i danni economici per la perdita della biodiversità ammonteranno a una cifra tra i 2 e i 5 trilioni di dollari per anno, superiore alla ricchezza prodotta dalla stragrande maggioranza delle nazioni della Terra.