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Giornata mondiale degli oceani 2023: perché avere cura del mare

giornata mondiale degli oceani 2023
Via depositphotos.com

Approvata dall’ONU nel 2008 la giornata mondiale degli oceani 2023 promuove un’azione globale

(Rinnovabili.it) – “Le maree stanno cambiando” è lo slogan della Giornata mondiale degli oceani 2023. Un claim beneaugurante, che mira ad enfatizzare la necessità di un’azione globale per proteggere l’elemento base della vita: l’acqua.

La proposta di istituire il World Ocean Day è stata avanzata al Summit della Terra di Rio de Janeiro nel 1992. I promotori erano il Centro internazionale canadese per lo sviluppo oceanico (ICOD) e l’Ocean Institute of Canada (OIC). Ci sono voluti 16 anni, ma alla fine nel 2008 la giornata è stata ufficialmente riconosciuta dalle Nazioni Unite.

Sul sito predisposto dall’ONU per per la giornata mondiale degli oceani 2023, è possibile scaricare materiali digitali e partecipare alla campagna di sensibilizzazione. Durante la mattinata, si susseguiranno eventi online con esperti e istituzioni internazionali. In apertura, naturalmente, il discorso del Segretario generale Antonio Guterres. 

Giornata mondiale degli oceani 2023: cosa succede in mare?

“Nonostante la totale dipendenza dell’umanità da esso, l’oceano riceve in cambio solo un frammento della nostra attenzione e delle nostre risorse”, avvertono le Nazioni Unite. Ma, come dice lo slogan, la marea sta cambiando. Durante il vertice COP15 dello scorso dicembre, le parti firmatarie della Convenzione sulla Biodiversità hanno approvato l’obiettivo di 30×30. Significa che il 30% del pianeta dovrà essere messo sotto protezione speciale entro il 2030. Le aree marine protette sono una tra le soluzioni proposte per limitare le ingerenze della pesca industriale e l’inquinamento delle acque e dei fondali.

Il numero di specie minacciate dalla pesca eccessiva è raddoppiato dal 2014 e il numero di specie in pericolo è più che triplicato. Tre specie sono state classificate come “probabilmente estinte” dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN).

La pesca industriale serve un consumo industriale: infatti, secondo il WWF, oggi mangiamo circa 19 kg di pesce a testa nel mondo, il doppio rispetto a 50 anni fa. Su quasi 100 milioni di tonnellate annue di pescato, il 40% sono catture accessorie (bycatch), ovvero specie non pescabili (tartarughe, delfini, squali) e tuttavia prelevate dal mare. 

Senza contare tutta la fauna marina che viene uccisa per soffocamento dalla plastica ingerita. Negli ultimi 40 anni abbiamo assistito, secondo uno studio pubblicato su Plos One a marzo, a una crescita senza precedenti dell’inquinamento da plastica negli oceani.

Se negli oceani si scavano miniere

A tutto questo si aggiunge la minaccia sempre più concreta del Deep Sea Mining, cioè dell’estrazione mineraria in mare aperto. Le acque internazionali in alcuni punti del pianeta sono infatti diventate un territorio interessante per le imprese estrattive. Uno dei motori di questa nuova frontiera è la sempre maggiore attenzione che l’attività minerarie su terra suscita per l’ambiente e il rispetto dei diritti umani. Le aziende fanno sempre più fatica ad estrarre materie prime senza finire in inchieste e denunce, oltre al fatto che le riserve di terre rare e minerali critici sono in mano a pochi paesi, che dettano il prezzo. Ad esempio la Cina.

Così, negli ultimi anni si è concentrato un certo interesse per le profondità marine, dove in prossimità di faglie tettoniche si trovano alte concentrazioni di noduli polimetallici composti da materie prime molto preziose come – tra gli altri – cobalto e manganese. Ma l’impatto ecologico di un’estrazione dai fondali può essere irreversibile.

Il World Ocean Day non può risolvere tutti questi problemi, ma può accendere una luce sulle grandi questioni che insistono sul mare. Questioni che ciascuno di noi può conoscere e sulle quali attivarsi per un cambiamento.

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