Rinnovabili • Crisi idrica dell'Himalaya 2 Rinnovabili • Crisi idrica dell'Himalaya 2

Mini ghiacciai artificiali contro la crisi idrica dell’Himalaya

Un cono di ghiaccio alto 24 metri: è l’idea di un ingegnere indiano per trasformare il deserto himalayano in un’oasi resiliente

Crisi idrica dell'Himalaya
La stupa di ghiaccio. Foto di Sonam Wangchuk

 

(Rinnovabili.it) – Sonam Wangchuk ce l’ha fatta. Nel giro di quattro anni, il 50enne ingegnere meccanico è riuscito a mettere in piedi un ingegnoso sistema per rispondere alla crisi idrica dell’Himalaya e guadagnarsi i riconoscimenti internazionali: piramidi di ghiaccio artificiali, realizzate d’inverno come depositi d’acqua per l’estate.

 

Ci troviamo nella regione desertica del Ladakh, nel nord dell’India. Qui gli abitanti della zona stanno facendo i conti ormai da tempo con uno degli effetti più disastrosi del cambiamento climatico: le alte temperature hanno accelerato la fusione dei ghiacciai, tagliando drasticamente le riserve idriche di una zona che riceve appena 50 millimetri di pioggia ogni anno.

 

>>Scopri la Fusione super rapida dei ghiacciai del mondo<<

 

Crisi idrica dell'Himalaya 2L’idea di realizzare mini ghiacciai artificiali, chiamati dagli abitanti ice stupa, è arrivata quasi per caso, osservando una formazione di ghiaccio sul fondo di un ponte, resistere al calore estivo. Ma, confessa l’ingegnere, “l’idea di fare ghiacciai artificiali non è nuova. Avevo sentito storie di imprese simili […] i loro metodi non erano molto scientifici, tuttavia negli ultimi anni un anziano ingegnere civile di Ladakh, Mr. Norphel aveva lavorato sul congelamento delle acque reflue in inverno, attraverso canali di deviazione per realizzare vasti campi di ghiaccio ad alta quota. Il suo lavoro mi ha ispirato molto”.

Il problema è che questo sistema non può essere replicato a quote più basse, dove le persone in realtà vivono. L’idea di Wangchuk per alleviare la crisi idrica dell’Himalaya, fa a meno di serbatoi in cemento o dighe, ricorrendo piuttosto ad un approccio biomimetico: i blocchi di ghiaccio che si formano naturalmente durante l’inverno sono assemblanti in forma conica, simile alla stupa di fango buddista (da qui il nome). In questo modo è possibile massimizzare il volume d’acqua che può essere conservato, mentre si riduce al  minimo la superficie esposta alla luce solare diretta.

 

Combattere la crisi idrica dell’Himalya favorendo il turismo

Nel 2013, l’ingegnere, assieme ad un team di volontari, ha realizzato la prima ice stupa, un prototipo di sei metri di altezza, a quota 3.170 metri per conservare 150.000 litri d’acqua. Il sistema permette di assemblare blocchi verticali di ghiaccio. Da allora oggi il lavoro non si è mai interrotto. Questo inverno il gruppo ha realizzato un mini ghiacciaio artificiale di quasi 24 metri di altezza, guadagnandosi un posto nel Guinness dei primati. La stupa assicurerà acqua agli agricoltori fino a metà luglio circa. E nei prossimi anni il target sarà ancora più ambizioso: sono già in cantiere 20 mini ghiacciai alti fino a 30 metri, con l’obiettivo futuro di realizzarne almeno un centinaio.

E oltre combattere la crisi idrica dell’Himalaya, la stupa di ghiaccio sta anche diventando anche una curiosa attrazione turistica.