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La prossima settimana l’Onu potrebbe sdoganare la geoingegneria solare

Geoingegneria solare: la Svizzera ci riprova

Foto di Rampal Singh su Unsplash

Geoingegneria solare: la Svizzera ci riprova
Foto di Rampal Singh su Unsplash

L’assemblea dell’Unep a Nairobi potrebbe aprire la porta alla gestione della radiazione solare

(Rinnovabili.it) – Un gruppo di 25 esperti Onu con il compito di studiare potenzialità e rischi della geoingegneria solare. Che dovrà preparare un’analisi scientifica esaustiva sul tema della gestione della radiazione solare (solar radiation management, SRM). E creare così uno “spazio per una discussione informata” su questo tipo di approcci – estremamente controversi – con cui si potrebbe contrastare la crisi climatica.

Sdoganare la geoingegneria solare

Non siamo mai stati così vicini a sdoganare la geoingegneria solare come ora: la richiesta arriva dalla Svizzera e sarà votata alla prossima plenaria dell’Unep che si terrà a Nairobi tra il 26 febbraio e il 1 marzo. Non è la prima volta che il paese elvetico tenta di promuovere questa soluzione. Ci provò già nel 2019, ma Arabia Saudita e Stati Uniti affossarono la richiesta. Questa volta potrebbe andare diversamente. Sia perché la crisi climatica sta accelerando, sia perché il ricorso alla geoingegneria toglierebbe un po’ di pressione sulle azioni che richiedono tagli delle emissioni all’origine. Tant’è vero che si registrano già casi di esperimenti clandestini di geoingegneria solare.

Se l’assemblea dell’Unep dirà di sì, il gruppo di esperti lavorerà con un forte mandato da parte degli stati. Le sue indicazioni saranno ben più “pesanti” di quelle contenute in un altro rapporto, pubblicato sempre dall’Unep, all’inizio del 2023. Quello era un report esplorativo, un modo per saggiare il terreno e muovere qualche passo in direzione di una governance condivisa a livello globale (ovvero, decidere cosa si può testare, su che scala, con quali limiti).

Le controversie sulla gestione della radiazione solare

Le tecniche di geoingegneria solare che sarebbero studiate sotto l’egida Onu sono piuttosto controverse. La comunità scientifica negli ultimi anni ha lanciato diversi allarmi. Sotto la lente finisce soprattutto la difficoltà di calcolare con precisione gli effetti composti che la SRM potrebbe avere sul sistema climatico terrestre. C’è quindi la possibilità di innescare effetti indesiderati e su scala globale, peraltro senza avere molte possibilità di controllarli. Per il rapporto dell’Unep dell’anno scorso, l’SRM doveva restare “una opzione alternativa di emergenza” e in nessun caso sostituirsi agli sforzi di riduzione delle emissioni.

Raffreddare artificialmente il Pianeta, sostengono diversi studi scientifici, potrebbe danneggiare lo strato di ozono, portare a una sovracompensazione dei cambiamenti climatici su scala regionale (con effetti difficili da determinare) e causare più in generale l’aumento o la ridistribuzione degli impatti dei cambiamenti climatici sulla società e sugli ecosistemi. L’SRM potrebbe sì abbassare la temperatura media globale, ma con impatti regionali e locali molto diversi e di difficile previsione.

Alcune delle tecniche, come l’iniezione nella stratosfera di particelle che schermano la radiazione solare, potrebbero dare risultati nel giro di pochi anni. Ma questo schermo va costantemente ricostituito. Non farlo significa esporre il Pianeta a cambiamenti bruschi del sistema climatico terrestre, con il rischio di innescare effetti avversi a catena.

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