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Geoingegneria: 25 milioni a chi trova la soluzione “migliore”

I finalisti sono stati nominati nel 2011, ma ancora nessuno è stato premiato. Forse perché la geoingegneria presenta troppi rischi per il clima

Geoingegneria 25 milioni a chi trova la soluzione migliore

 

(Rinnovabili.it) – Richard Branson, il miliardario presidente del Virgin Group, ha offerto un premio di 25 milioni di dollari a chi troverà la migliore soluzione al riscaldamento globale nel campo della geoingegneria. Sotto questo termine vanno una serie di tecniche di manipolazione del clima su larga scala, che sempre più stanno affermandosi nel dibattito scientifico e politico come soluzioni alternative a un taglio delle emissioni rallentato dall’inerzia dei governi.

Branson ha lanciato la Virgin Earth Challenge nel 2007 e ha annunciato 11 finalisti nel 2011. Ma per ora nessuno è ancora stato premiato, e non si sa se lo sarà mai. Il vincitore dovrà essere in grado di rimuovere 1 miliardo di tonnellate di carbonio dall’atmosfera ogni anno per 10 anni e presentare un progetto economicamente sostenibile. Branson non ha detto quando sarà assegnato il premio, se mai.

 

Geoingegneria un rischio per miliardi di persone

 

Olivina e simil-compost per stoccare la CO2

Tra le proposte in finale spicca l’olandese Smart Stones, che punta sull’olivina, un minerale di colore giallo-verde che si trova in abbondanza nella crosta terrestre e ha un grande potenziale di assorbimento della CO2. L’idea è estrarlo, frantumarlo e spargerlo sul terreno. Una tonnellata di olivina è in grado di catturare circa una tonnellata di CO2. Le stime dei costi vanno dai 4,60 ai 63 dollari la tonnellata.

Biochar Co., altro finalista, prende scarti del legno dalle segherie e li cuoce ad alta temperatura per la produzione di biochar, un materiale nero simile al compost, che potrebbe aumentare la qualità e la produttività del terreno.

Il biochar è in grado di stoccare CO2 nel terreno per centinaia o addirittura migliaia di anni. Per ogni libbra (454 grammi) di biochar aggiunto al terreno, circa 1.5 (700 g) di CO2 vengono stoccate, secondo la società.

 

La CIA vuole usare la geoingegneria a fini militari

 

La geoingegneria tra interessi e paure

L’interesse per la geoingegneria come scorciatoia sta montando dopo vent’anni di negoziati delle Nazioni Unite che ancora non hanno portato ad un accordo sul cambiamento climatico. Delegati di 195 nazioni si incontreranno il 30 novembre alla COP 21 di Parigi, per concludere un patto globale con l’intento di tagliare le emissioni di carbonio.

Un rapporto della National Academy of Sciences, finanziato in gran parte dalla CIA, ha concluso lo scorso febbraio che sebbene sia l’ultima spiaggia, la geoingegneria non dovrebbe essere totalmente accantonata. Nonostante possa provocare effetti catastrofici sul clima di vaste aree del pianeta, gli esperti statunitensi appoggiano ulteriori ricerche.

 

Secondo David Titley, professore del dipartimento di meteorologia della Pennsylvania State University, «l’intervento sul clima comporta tecniche ad alto rischio».

Parte del mondo scientifico è molto preoccupato, soprattutto dalle proposte di tecniche SRM (Solar Radiation Management), ossia gestione della radiazione solare con areosol di solfati in atmosfera per ridurre il riscaldamento globale riflettendo i raggi del sole. Queste tecnologie possono avere effetti sconosciuti, innescare mutamenti nelle precipitazioni e nelle temperature oltre le previsioni.