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Il gap di investimenti per la transizione UE vale 400 miliardi di euro l’anno

Idroelettrico e accumulo energetico sono gli unici settori dove c’è già un surplus di investimenti rispetto ai volumi necessari per centrare gli obiettivi al 2030. Malissimo il trend dell’eolico, che è in discesa ed è tornato ai livelli più bassi dal 2009. Per chiudere il gap in alcuni settori critici bastano relativamente poche risorse, ad esempio nei punti di ricarica per EV servono appena 4 mld euro in più l’anno

Gap investimenti transizione UE: mancano 400 mld l’anno
Foto di Brett Jordan su Unsplash

L’UE deve dedicare agli investimenti climatici il 2,6 del pil in più

(Rinnovabili.it) – L’Europa deve mobilitare il doppio delle risorse attuali se vuole raggiungere gli obiettivi al 2030. Il gap di investimenti per la transizione UE è di 406 miliardi di euro, cioè il 2,6% del pil dei Ventisette. E sarebbe possibile coprirlo in gran parte ricalibrando il denaro che oggi viene speso in sussidi alle fossili: tra aiuti espliciti ed impliciti, si tratta di 290 mld euro.

Quanto vale il gap investimento per la transizione UE?

Lo afferma un rapporto dell’Institute for Climate Economics (I4CE) che tiene traccia degli investimenti pubblici e privati in 22 settori in tutti i paesi europei, che grosso modo coprono sistemi energetici, trasporti ed edifici. Il gap di investimenti per la transizione UE è calcolato come la differenza tra il fabbisogno totale di investimenti entro il 2030 – fissato a 813 mld euro, il 5,6% del pil UE – e le risorse effettivamente mobilitate nell’ultimo anno per cui sono disponibili i dati.

“Questo deficit di investimenti climatici è un indicatore chiave del progresso strutturale raggiunto dall’economia dell’UE: minore è il deficit, più l’economia dell’UE apporta cambiamenti strutturali”, sottolinea il rapporto.

Solo idroelettrico e energy storage fanno la loro parte

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Il trend è generalmente positivo perché quasi tutti i settori hanno traiettorie in forte crescita. Nel complesso, gli investimenti sono cresciuti del 9% tra il 2021 e il 2022, raggiungendo i 407 miliardi di euro nel 2022. Ma anche gli ambiti dove si registrano i risultati migliori non corrono ancora abbastanza veloce.

È il caso del fotovoltaico e delle auto elettriche, ad esempio. Ma anche delle pompe di calore, che pure tra 2020 e 2022 hanno già raddoppiato il volume di investimenti. Ci sono soltanto due eccezioni. “Solo in due settori, l’energia idroelettrica e lo stoccaggio delle batterie, gli investimenti climatici per il 2022 sono stati superiori al fabbisogno di investimenti annuali per questi due settori”, scrivono gli autori. Completamente fuori binari, invece, la traiettoria degli investimenti nell’eolico. In questo settore il trend è in discesa, e nel 2022 le risorse mobilitate sono arrivate al livello più basso addirittura dal 2009.

La buona notizia è che nella maggior parte dei casi basta poco per rimettersi in carreggiata. “In termini assoluti, il deficit di investimenti climatici in alcuni settori critici sarebbe relativamente facile da colmare”, calcola il rapporto di I4CE. “Ad esempio, colmare il deficit di investimenti climatici nei punti di ricarica per i veicoli elettrici richiederebbe ulteriori investimenti pubblici e privati di soli 4 miliardi di euro all’anno”.

In valori assoluti, i settori dove gli investimenti devono crescere di più sono auto elettriche (il gap è di 79 mld), reti elettriche (42 mld), eolico onshore (41 mld) e offshore (33 mld), rinnovo edifici residenziali (40 mld) e non residenziali (36 mld), reti ferroviarie transeuropee (29 mld).