Rinnovabili

Fukushima: il muro di ghiaccio ha già fallito

Fukushima: il muro di ghiaccio ha già fallito

Fukushima: il muro di ghiaccio ha già fallito

 

(Rinnovabili.it) – L’immenso muro di ghiaccio creato a Fukushima per contenere l’inquinamento radioattivo del mare ha già fallito. Lo ha ammesso la Tepco, gestore dell’impianto colpito da terremoto e tsunami nel 2011, ad appena 5 mesi dall’entrata in funzione dell’opera di ingegneria. Che non è bastata per impedire alle acque che scorrono sotto la centrale di penetrare all’interno dell’edificio. L’obiettivo era evitare l’accumulo di altra acqua radioattiva nei sotterranei dei reattori, acqua che si può fare facilmente strada attraverso il sistema di drenaggio dell’edificio e riversarsi nell’Oceano Pacifico con conseguenze devastanti.

Durante un’audizione dell’Autorità per la regolamentazione del nucleare a Tokyo, l’azienda ha ammesso che la contaminazione continua nonostante la barriera ghiacciata attorno ai quattro reattori della centrale di Fukushima 1. È la prima volta, dopo una scia infinita di polemiche seguite alla catastrofe di 5 anni fa, che la Tepco riconosce di non avere di fatto la capacità tecnica di mettere in completa sicurezza le acque.

 

Per creare la parete di ghiaccio, sono stati piantati nel terreno oltre 1.500 tubi alla profondità di circa 30 metri. La barriera sotterranea circonda i reattori danneggiati, mentre all’interno dei tubi viene fatta passare una soluzione salina a -30 °C, che ha il compito di congelare il terreno tutto intorno. In questo momento si stima che all’interno dei 4 reattori danneggiati siano presenti almeno 60mila tonnellate di acqua contaminata. Ma i piani di decommissioning non stanno sortendo i risultati auspicati dal governo, che aveva approvato questa soluzione nel 2013.

Le continue perdite di acqua radioattiva faranno ulteriormente lievitare i costi per lo smantellamento degli impianti. Finora il Giappone ha speso qualcosa come 4,5 miliardi di euro per il decommissioning, a cui va sommata la cifra di 70 mld sborsata per i risarcimenti alle vittime del disastro e la decontaminazione dell’area circostante. Viste le previsioni – il processo potrebbe richiedere 30-40 anni – i costi saliranno ancora e peseranno sulle tasche dei contribuenti.

Exit mobile version