A due anni dal’immane disastro ecologico siamo andati a Tokyo per intervistare “l’uomo della strada” e capire come è cambiata da allora la quotidianità dei giapponesi e loro abitudini energetiche
La data dell’11 marzo 2011 rimane legata alla memoria del popolo giapponese per gli eventi catastrofici causati dal terremoto del Tōhoku e dal disastro nucleare di Fukushima.
A seguito di tali avvenimenti il Governo giapponese ha portato avanti una campagna di sensibilizzazione della Nazione in materia di ecologia e ambiente, attuando, tra l’altro, una serie di misure volte a ridurre i consumi energetici. Grazie al colloquio con il signor Makoto, impiegato presso un’agenzia farmaceutica, è stato possibile osservare più da vicino la situazione lavorativa giapponese in relazione alle norme ambientali che vigono attualmente nel Paese del Sol levante.
Il signor Makoto ci parla di una grande attenzione, rivolta dal Governo, alla disciplina ecologica degli ambienti di lavoro, per i quali già nel 2005 veniva inaugurato il “Cool Biz” (fusione dei termini “cool” e “business”), una campagna finalizzata a ridurre i consumi energetici nella stagione estiva, limitando per esempio l’uso dell’ aria condizionata e modificando l’abbigliamento dei lavoratori. “Senza giacca e cravatta, si era quindi incoraggiati a vestire tessuti freschi e a indossare camicie a maniche corte”.
A seguito degli eventi di marzo 2011, molti impianti nucleari sono stati spenti. Questo ha portato all’introduzione dell’iniziativa “Super Cool Biz” che prevedeva di tenere la temperatura degli ambienti di lavoro a 28° Celsius, anticipare l’ingresso a lavoro sfruttando le ore più fresche ma anche…prendersi qualche giorno di vacanza in più.
“Eravamo autorizzati a indossare le polo – spiega – e anche le scarpe non erano più necessariamente quelle da ufficio. Non ci si poteva però presentare con scarpe dal tallone scoperto o da ginnastica. E’ importante rispettare il decoro del luogo di lavoro”.
Makoto ci racconta anche qualche aneddoto personale, rivelando che a causa del caldo afoso giapponese, “il guardaroba si è arricchito di maglie sbracciate e canottiere. Nei giorni più torridi indossavo la canottiera in treno; poi, arrivato vicino all’ufficio, cercavo un posto e mi cambiavo, mettendomi la camicia a maniche corte”.
Ci dice inoltre che “riguardo alle nuove norme di risparmio energetico nei luoghi di lavoro, gli uomini ritengono che la situazione in estate sia più dura rispetto a prima, mentre d’ inverno è sopportabile. Le donne invece non la pensano così. Molte di loro soffrono parecchio il freddo in inverno mentre non trovano particolari problemi con le temperature più alte in estate”. In Giappone, infatti, sono state apportate delle modifiche anche alla temperatura degli uffici nella stagione invernale.
“A lavoro, d’inverno, le colleghe sentono spesso freddo. In passato non c’erano regole ferree, tuttavia non era consentito portare scialli o sciarpe. Adesso invece è necessario”. Ci racconta con una punta di timidezza che “alcune colleghe portano persino delle stufette elettriche per scaldarsi le gambe qualora faccia proprio freddo. Però…in realtà non si potrebbe”. Di fronte alla nostra domanda sul comportamento dei superiori rispetto a queste infrazioni ci dice che “i superiori non sono troppo severi su questo, visto che, se la dipendente si ammalasse, la responsabilità ricadrebbe su di loro”. Poi aggiunge: “le regole sono regole ma per le donne si fa qualche piccola eccezione”.
Ci dice anche però che, nelle ditte, i consumi energetici devono comunque essere ridotti rispetto a prima. “Qualora la nostra ditta mancasse di ridurre il consumo di elettricità del 15%, andrebbe incontro ad una multa fino a un massimo di 100万円 (10.000 euro). Inoltre, il nome della ditta verrebbe pubblicato e così perderemmo la fiducia delle persone”.
Finora però, a quanto pare, non è mai successo.
La preoccupazione delle ditte giapponesi riguardo al tema dell’ ambiente si riflette anche nelle parole del capo della ditta in cui lavora Makoto. Consultando il rapporto relativo ai consumi e al risparmio energetico (che ogni ditta giapponese deve produrre) di cui ci ha fatto visionare una copia, si legge che: “...la ditta si sforza di incrementare l’acquisto di prodotti green. Nel 2011 ci siamo posti l’obiettivo di acquistare il 73% dei prodotti necessari, dall’industria del green. Purtroppo è stato raggiunto soltanto il 71,6%”.
Nel documento si legge inoltre che tutti gli imballaggi usati sono prodotti con materiali green, oltre anche alla carta e alla plastica riciclate.
L’ultima domanda che rivolgiamo al Sig. Makoto è quella di carattere più personale: come è cambiata la sua vita dopo Fukushima.
Ci risponde che “dal punto di vista lavorativo, le nuove norme rendono in alcuni casi la condizione lavorativa più disagevole, come per esempio in inverno, quando le temperature si fanno rigide, o in estate, quando al contrario il caldo diventa opprimente”. Per il resto però, non ci riferisce di particolari disagi. Riguardo alla vita familiare invece, ci racconta di sua moglie che, “per la salute dei figli, ogni giorno riempie tante bottiglie d’acqua e le lascia a riposare per almeno dieci giorni. Ha sentito in televisione che, passato quel tempo, la quantità di radioattività eventualmente presente nell’acqua, diminuisce. Io però non confido molto in questo metodo in quanto favorisce la proliferazione di batteri. Per il resto, posso dire che a seguito degli eventi di Marzo 2011, è crollata di molto la fiducia nel Governo, che non è stato trasparente nel momento in cui il disastro è accaduto, ma al di là di questo non ci sono stati cambiamenti significativi nella mia vita”.