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La Francia propone un “veto climatico” sul CETA

Parigi vuole impedire che le leggi sul clima vengano impugnate dalle multinazionali nei tribunali privati del CETA. Ma l'accordo è già chiuso da un anno

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Approvato in Consiglio dei Ministri un piano d’azione sul CETA

 

(Rinnovabili.it) – La Francia prova a porre un veto climatico sul CETA, il controverso accordo commerciale UE-Canada fotocopia del TTIP. Approvato a livello europeo lo scorso febbraio, il trattato è entrato provvisoriamente in vigore per larga parte a settembre. Ma per rendere effettivi tutti i suoi capitoli serve un voto dei 38 parlamenti nazionali dell’Unione Europea. Tra le misure non ancora applicate, perché di competenza mista UE-stati membri, c’è il tribunale sovranazionale per gli investitori esteri (ICS – Investment Court System), un sistema giudiziario parallelo che consente alle imprese di fare causa agli stati in caso di legislazioni ritenute lesive delle loro aspettative di profitto.

Il meccanismo, sebbene lievemente riformato rispetto al passato, genera non poche preoccupazioni in alcuni Parlamenti, poiché è visto come un esproprio della sovranità nazionale, dal momento che le richieste di compensazioni mosse da un privato potrebbero spingere le amministrazioni pubbliche a ritirare provvedimenti potenzialmente oggetto di controversia legale.

 

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Per superare uno stallo che potrebbe allungare i tempi di ratifica, la Francia sta provando a inserire disposizioni che rendano non impugnabili in questo tribunale privato le leggi varate in ossequio all’Accordo di Parigi sul clima. La mossa, contenuta in un piano d’azione sul CETA approvato dal Consiglio dei Ministri, è anche un tentativo di venire incontro al dossier redatto dal gruppo di esperti selezionato dal governo per valutare la sostenibilità ambientale del trattato. Il comitato tecnico messo in piedi da Macron, contrariamente alle attese, ha dato lo scorso settembre un sorprendente parere negativo, che il governo non può ignorare.

CETA«Metteremo in atto quello che potresti definire una forma di veto del clima – ha detto il Ministro dell’Ecologia, Nicolas Hulot, che prevede una ratifica francese nella seconda metà del 2018 – Questo assicurerà che dal momento in cui le misure saranno messe in atto, i nostri impegni climatici non potranno in nessun caso essere attaccati dagli investitori, in particolare nei tribunali arbitrali».

Ma l’ambizione del governo potrebbe tuttavia restare una promessa vuota. I negoziati sono finiti da ormai un anno, e dal 21 settembre la gran parte del CETA è già in vigore. Secondo i gruppi ambientalisti, «questa misura resta inefficace, poiché non c’è garanzia che sarà accettata dall’UE e dal Canada. E non escluderà automaticamente i ricorsi degli investitori».

Non è facile agire retroattivamente su un accordo già chiuso. Il piano d’azione francese può essere realizzato solo se la Commissione Europea, gli altri paesi dell’Unione e il Canada acconsentono a riaprire il testo. E al momento non sembra esserci questa volontà politica.