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La Francia apre un’inchiesta sul dieselgate

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(Rinnovabili.it) – Mentre in Europa lo scandalo dieselgate sta passando in cavalleria senza che nessuna azione legale venga decisa a livello comunitario e da singoli Stati membri, la procura di Parigi ha deciso di aprire un’inchiesta per truffa aggravata nei confronti di Volkswagen.

Lo riferisce il Journal de l’Environnement, che specifica come a condurre le operazioni sia la Direzione generale francese per le politiche sulla concorrenza, il consumo e il controllo delle frodi (DGCCRF). Si tratta, in parallelo di un’indagine preliminare e una amministrativa, dopo la scoperta del software progettato per ingannare i test delle emissioni che ha dato il via allo scandalo.

La frode è globale, ma dovrebbe riguardare circa 940 mila veicoli soltanto in Francia. Tre magistrati inquirenti sono stati assegnati all’indagine, che la direttrice generale della DCCRF, Natalie Homobono, fortemente schierata: «Parti del software che muove i veicoli sono state chiaramente progettate per ingannare i test delle emissioni. Questo dimostra il carattere intenzionale della frode», chiarisce.

 

La Francia apre un’inchiesta sul dieselgate 3Non c’è solo Volkswagen nel registro degli indagati: le case automobilistiche su cui si poserà la lente dei magistrati francesi sono 13, Renault compresa. Gli uffici del colosso francese sono stati perquisiti dagli agenti dell’antifrode inviati dal Ministero dell’Economia lo scorso 7 gennaio. Il sospetto è che alcuni motori diesel delle Renault siano equipaggiati con un dispositivo analogo al “silenziatore” di emissioni inquinanti scoperto a settembre dall’Agenzia di protezione ambientale americana nelle automobili Volkswagen.

Homobono tiene a precisare che, nell’inchiesta aperta ieri dalla sua squadra, «non vi è al momento la presunzione di una frode paragonabile» a quella messa in atto dai tedeschi. Potrebbe dunque trattarsi di sfortuna? Non è chiaro. Il Ministero dell’Ecologia francese, guidato da Ségolène Royal, ha dichiarato che i sistemi di filtraggio degli ossidi di azoto non funzionano in particolari condizioni di temperatura, e di conseguenza non garantiscono le performance necessarie a contenere le emissioni. Secondo Royal, i controlli «dovranno riguardare le emissioni quando la temperatura ambientale è molto alta, oppure sotto i -17 gradi, perché in quelle condizioni l’impianto di filtraggio degli scarichi non lavora più».

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