Rinnovabili • Rinnovabili •

Fracking: un morto in Algeria durante le proteste

Moulay Nakhou aveva 33 anni. È stato avvelenato da un lacrimogeno che la polizia algerina ha lanciato in casa sua durante le proteste anti fracking

Fracking un morto in Algeria durante le proteste

 

(Rinnovabili.it) – Il fumo uccide. Anche quello dei lacrimogeni sparati ad alzo zero. Lo testimonia Moulay Nakhou, che ha perso la vita avvelenato dai gas sparati dalla polizia di In Salah per domare le manifestazioni anti fracking in Algeria. È successo il 9 marzo, ma è stato reso pubblico soltanto ieri. Moulay non era in strada, perché disabile e di fragile costituzione. Aveva 33 anni, e si trovava tra le mura domestiche. Il lancio di lacrimogeni all’interno delle case non è una pratica insolita da parte della polizia: succede spesso e mette bambini, anziani e soggetti più vulnerabili in pericolo di vita.

 

Il padre di Moulay ha respinto qualsiasi offerta di indennizzo. Si è detto solidale con i suoi concittadini e la loro lotta contro il fracking. Ha dichiarato che l’unica “compensazione” che riuscirà a concepire sarà l’abbandono dei progetti di sfruttamento dello shale gas. Una reazione che mostra con chiarezza impressionante la portata del movimento di In Salah.

La repressione poliziesca organizzata dal governo di Bouteflika sta tentando di schiacciare le proteste popolari, ma senza successo. Il malcontento e la paura di veder distrutta la propria terra, esaurite ed inquinate le proprie riserve d’acqua, ha fatto sì che la gente abbia intensificato i presidi e i cortei. L’opposizione di piazza prosegue ininterrotta da fine dicembre, e punta a bloccare i lavori di Sonatrach, l’azienda di Stato degli idrocarburi. Essa, in partnership con multinazionali più esperte di fracking (Shell, Exxon, Total, Talisman Energy ed Eni), intende estrarre il gas da scisti dal bacino dell’Ahnet. Quest’ultimo si estende per 100 mila chilometri quadrati, e secondo gli ingegneri della Sonatrach conterrebbe almeno 200mila miliardi di metri cubi di shale gas.

 

Simili numeri proiettano l’Algeria al terzo posto fra i Paesi con maggiori riserve di gas, dietro Cina e Argentina ma davanti agli Stati Uniti. Sembra che solo il 10% possa essere estratto, ma al governo basta e avanza per spendere energie e denaro nell’avventura del fracking. Il presidente Bouteflika ci si è tuffato di testa, perché il Paese è in crisi a causa del calo del prezzo del petrolio. Il comparto energetico algerino costituisce infatti il 97% delle esportazioni, e mantiene a galla un sistema socialista di generosi sussidi pubblici. Il rischio di tracollo per colpa del petrolio fa paura al governo.