(Rinnovabili.it) – Le donne in gravidanza che vivono in zone brulicanti dei pozzi di shale gas sfruttati con il fracking hanno più probabilità di dare alla luce bambini sottopeso. Lo evidenzia uno studio della Graduate School of Public Health dell’Università di Pittsburg, basandosi su un’analisi dei documenti di nascita della Pennsylvania occidentale.
Si tratta del primo lavoro che mette in relazione inquinanti del gas non convenzionale e problemi neonatali. Secondo il coautore, Bruce Pitt, «questi risultati non possono essere ignorati».
Lo sviluppo del gas non convenzionale comprende operazioni di perforazione orizzontale e fratturazione idraulica (fracking), che permettono l’accesso a grandi quantità di metano intrappolato in depositi di argillite impermeabili. Prima del 2007, erano soltanto 44 i pozzi della Pennsylvania in cui si utilizzava il fracking per ciucciare gas dall’immenso bacino denominato Marcellus Shale. Nel 2010, il numero è cresciuto fino a raggiungere i 2.864.
I risultati shock della ricerca
La ricerca della Graduate School of Public Health si concentra proprio sui dati, provenienti dalla sanità pubblica, relativi a 15.451 bambini nati in questa finestra temporale nelle contee di Washington, Westmoreland e Butler. Condizione necessaria per rientrare nel campione era la distanza dell’abitazione dei genitori ai punti di estrazione: massimo 10 miglia (16 chilometri). Il campione è stato poi suddiviso in quattro clusters, a seconda del numero di pozzi e della loro distanza dalle case delle madri.
Quelle le cui case erano comprese nel primo gruppo – pozzi più vicini e numerosi – hanno fatto registrare una probabilità del 34% più alta di avere bambini «piccoli per età gestazionale» rispetto alle mamme le cui case è rientravano nell’ultimo gruppo (più distanti dai pozzi e con un minor numero di essi nei dintorni). La formulazione «piccolo per età gestazionale» indica un bambino il cui peso alla nascita è inferiore al decimo percentile per l’età gestazionale (definizione).
Le responsabilità del fracking
Sono molti i fattori che possono incidere, ma i ricercatori li hanno presi in considerazione: la madre fumava? Quale è stato il livello di cura prenatale? L’etnia della mamma? L’istruzione? L’età? Aveva già avesse avuto bambini? Qual era il sesso del bambino? Nonostante tutti questi accorgimenti, le responsabilità del fracking restavano evidenti.
«I feti in via di sviluppo sono particolarmente sensibili agli effetti degli inquinanti ambientali –ha detto il dottor Pitt – Sappiamo che l’inquinamento atmosferico da particolato fine, l’esposizione a metalli pesanti e benzene e lo stress materno sono tutti associati con un basso peso alla nascita».
Nel sud-ovest della Pennsylvania, i fluidi di scarto prodotti attraverso il fracking, chiamati flowback (riflusso), possono contenere il benzene. La fratturazione idraulica provoca anche l’inquinamento dell’aria tramite il gas flaring e combustioni controllate che rilasciano composti organici volatili, tra cui benzene, toluene, etilbenzene e xilene. L’aumento del traffico di camion e il rumore dei compressori diesel possono anche contribuire all’inquinamento atmosferico e acustico, elevando ulteriormente i livelli di stress per le mamme.