L’ex vice presidente americano nega i benefici del fracking sul cambiamento climatico. Una bordata per Obama a poche ore dal summit Onu
(Rinnovabili.it) – A ridosso del vertice Onu sul cambiamento climatico, anche Al Gore si schiera contro il fracking. L’ex vice presidente americano – celebre per il suo documentario “An inconvenient truth”, divenuto una bandiera del movimento anti-global warming – ha espresso il suo scetticismo nei confronti di una tecnica che alla Casa Bianca considerano una panacea in tempi di crisi. Gore ha parlato durante una maratona di filmati che si è tenuta a New York la settimana scorsa per sensibilizzare il pubblico al tema del cambiamento climatico.
Gore ha criticato Obama che «non si è spinto ancora abbastanza in là nei suoi sforzi contro il cambiamento climatico. Durante il suo primo mandato ho espresso forti preoccupazioni perché non prendeva in considerazione il tipo di energia e di attività che io credo siano appropriate».
Le cose, secondo Gore, sono migliorate nel secondo mandato dell’attuale inquilino della Casa Bianca. Ma non bastano a cambiare l’opinione dell’ex vice presidente, scettico per la strategia energetica denominata “all-the-above”. Dietro il proclama dell’abbattimento delle emissioni, infatti, celerebbe una tattica sostanzialmente opposta, che implementa l’utilizzo dei combustibili fossili. In particolare Al Gore punta il dito contro il boom del fracking, considerato dall’attuale amministrazione come il ponte fra l’epoca delle fonti tradizionali e l’era delle rinnovabili. Non ci saranno effetti benefici per il clima «finché non dimostreranno di poter fermare le fuoriuscite di metano ad ogni stadio del processo», ha dichiarato.
Il governo non sembra curarsi delle potenzialità climalteranti del gas, le cui fughe durante il fracking azzerano – dimostrano alcuni scienziati – i benefici derivanti dall’abbandono del carbone. Non si tratterebbe dunque di tecnologia-ponte, quanto più probabilmente di una bolla speculativa funzionale ad interessi legati al mantenimento dello status quo. Chi più ha guadagnato dalla promozione delle fonti non convenzionali sono state, infatti, proprio le compagnie di trivellazione.