Acido cloridrico, metanolo e derivati del petrolio sono i più comuni, ma in media sono 14 le sostanze interrate in ogni operazione di fracking
(Rinnovabili.it) – Quasi 700 additivi chimici sono utilizzati nelle operazioni di fracking per l’estrazione di shale oil e shale gas. Lo ha provato l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti (EPA) con un nuovo report presentato venerdì. Il 98% del fluido iniettato nei pozzi ad altissima pressione è acqua mescolata a sabbia, utilizzata per mantenere aperte le fratture generate, in modo che petrolio e gas possano defluire dai giacimenti all’interno delle rocce impermeabili chiamate scisti bituminosi.
Il restante 2% dei milioni di litri di fluido sparato nel sottosuolo, tuttavia, è costituito da prodotti chimici di varia natura. Secondo l’industria verrebbero utilizzati per proteggere le apparecchiature, ridurre i batteri e facilitare il flusso dell’acqua.
L’EPA si è basata su più di due anni di dati raccolti da FracFocus, un sito che le aziende fracking in 20 Stati membri devono utilizzare per rendere pubbliche le sostanze chimiche che si iniettano nei pozzi. I ricercatori hanno analizzato più di 30.000 comunicazioni delle aziende di fracking, censendo in media 14 additivi chimici nel composto di ciascuna operazione: acido cloridrico, metanolo e distillati del petrolio sono i più comuni, trovati nel 65 per cento dei casi.
I prodotti chimici utilizzati durante il fracking sono una delle principali preoccupazioni per gli ambientalisti e delle organizzazioni che si battono per la salute dei cittadini. L’analisi dell’EPA non dà alcun giudizio sui prodotti chimici o sulla loro sicurezza, ma tramite altri studi è già emersa più volte la pericolosità delle sostanze immesse nel terreno, che spesso finiscono nelle acque di falda.
«Questa relazione fornisce un quadro dettagliato delle informazioni disponibili sulle sostanze chimiche e sull’utilizzo delle quantità d’acqua, e riteniamo che sarà una risorsa molto importante per gli Stati, l’industria e le comunità che lavorano per salvaguardare le nostre risorse idriche potabili – ha dichiarato Tom Burke, funzionario del settore ricerca e sviluppo dell’EPA – Il rapporto è parte di una valutazione più ampia, di certo prossimamente ci concentreremo sulla tossicità delle sostanze».
I dati analizzati dall’EPA hanno portato alla luce anche il massiccio impiego di acqua per le operazioni di fracking. L’agenzia rivela che ogni pozzo necessita, per lo sfruttamento degli idrocarburi che contiene, tra i 100 mila e i 27 milioni di litri d’acqua. Ma potrebbero essere anche molti di più, perché le cifre ricavate da FracFocus non sono affatto complete. Mancano all’appello molti Stati USA dove si pratica la fratturazione idraulica, nei quali le aziende non sono tenute a rivelare niente.
«Pensiamo che le informazioni sulle sostanze chimiche, e sui volumi idrici di FracFocus possano effettivamente sottovalutare le quantità effettivamente utilizzate negli Stati Uniti», ha confermato Burke.