(Rinnovabili.it) – Con il denaro degli aiuti climatici le Nazioni Unite hanno intenzione costruire grandi dighe, spacciandole per progetti di energia rinnovabile per paesi a rischio come Nepal, Tagikistan e Isole Salomone. In totale, si tratterebbe di 136 milioni di dollari da destinare all’idroelettrico di grossa taglia. Questi e altri progetti, per un ammontare complessivo di 854 milioni di dollari, verranno discussi al vertice del Fondo verde per il clima tra oggi e giovedì.
Il fondo dell’ONU, secondo quanto stabilito dall’accordo di Parigi, dovrebbe mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 per i paesi più poveri ed esposti agli effetti del riscaldamento globale, finanziando progetti innovativi e capaci di garantire mitigazione e adattamento. Inoltre, le stesse Nazioni Unite hanno promosso i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, tra cui spiccano l’accesso all’acqua, il consumo e produzione sostenibili e la biodiversità. Tutti settori che le grandi dighe di solito investono negativamente.
I gruppi ambientalisti internazionali sono già sulle barricate: sostengono che il finanziamento in Tagikistan non sarebbe altro che il rattoppo di Qairokkum, una diga vecchissima di epoca sovietica, mentre il progetto nelle Isole Salomone inonderebbe boschi e vegetazione, minacciando la biodiversità e rilasciando grandi quantità di metano, un gas serra ben più inquinante della CO2. Oggi la diga di Qairokkum, che ha una potenza di 126 MW, uccide 19 milioni pesci all’anno nelle sue turbine.
In Nepal, il progetto da 216MW denomina Trishuli-1 non avrebbe alcun impatto trasformativo, secondo gli attivisti, ma presenterebbe gravi rischi di disastro, causando un effetti significativi sulle comunità indigene e l’ambiente. Mancherebbero inoltre adeguati studi di impatto e piani di mitigazione.
L’energia idroelettrica è considerata una fonte di energia rinnovabile da agenzie internazionali, istituzioni finanziarie e governi, ma secondo i critici non questa valutazione non tiene conto di circa un miliardo di tonnellate di gas serra emesse dalle dighe di ogni anno, così come il danno spesso inflitto alle foreste intese come serbatoi di carbonio. Senza contare la vulnerabilità dell’idroelettrico ai cambiamenti nelle precipitazioni.