Negli ultimi 50 anni, negli ambiti fluviali, l'urbanizzazione ha consumato circa 2.000 km2 di suolo. Tutti i dati dell'emergenza nel dossier “Un futuro per i nostri fiumi” che il WWF presenterà la prossima settimana a Roma
Il WWF diffonde alcuni numeri sull’attuale stato di salute dei fiumi italiani, ma il quadro risultante non può che preoccupare
(Rinnovabili.it) – L’intensificarsi di fenomeni atmosferici e meteorologici rende la ricerca di soluzioni per l’adattamento climatico sempre più urgente e necessaria. Eppure, l’Italia sembrerebbe muoversi in direzione opposta. Ne è un esempio il crescente consumo di suolo lungo le sponde fluviali, paradossalmente aumentato in maniera esponenziale nell’ultimo decennio, nonostante il susseguirsi di vari ammonimenti e allarmi di rischio idrogeologico. Da qui parte il WWF che, in attesa del lancio della nuova e già annunciata campagna LiberiAmoifiumi, fornisce alcuni “numeri” circa l’attuale situazione in Italia. Numeri che, purtroppo, dipingono un quadro drammatico. Negli ultimi 50 anni, l’urbanizzione ha consumato circa 2.000 km2 di suolo tramite interventi di cementificazione e restringimento delle sponde fluviali. I corsi d’acqua sono stati sbarrati da dighe, sbancati dei boschi ripariali e dragati; la vecchia idraulica ha portato al raddrizzamento e tombatura di fiumi e torrenti, creando in molte città delle vere e proprie bombe idrologiche.
E non si tratta di pratiche di un passato lontano. Tra il 2012 e il 2015, solo in Liguria, è stato occupato oltre il 23 per cento del suolo entro la fascia di 150 metri dagli alvei fluviali. In alcuni casi non si è solo costruito a ridosso, ma direttamente dentro di essi.
Il problema è sistemico e va i semplici sulla cementificazione. Il prelievo d’acqua per le irrigazioni continua ad avvenire in modo insostenibile ed eccessivo. Molti centri abitati non hanno ancora sistemi di depurazione e fognari adeguati e i dati relativi alle qualità delle acque rendono ben conto della crisi attuale: attualmente solo il 43 per cento dei fiumi italiani può essere classificato in un “buono stato ecologico”, come richiesto nella Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE).
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Per cercare di contenere ed invertire questo trend – spiega il WWF – sarà necessaria un’articolata, lunga e complessa azione che tenga conto della gigantesca dimensione sociale coinvolta; un’azione difficile ma indispensabile ad evitare gli effetti “irreversibili” derivanti dal già previsto aumento della densità di suolo urbanizzato. Tra le azioni ritenute cruciale, l’associazione del panda evidenzia la necessità di adeguare, integrare e rendere operativo il “piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici”, identificando con chiarezza gli attori istituzionali e le fonti di finanziamento necessarie per la sua attuazione. Chiede inoltre di rilanciare la centralità delle autorità di distretto a garanzia dell’indispensabile coordinamento delle conoscenze, degli interventi in materia di mitigazione del rischio e di adattamento ai cambiamenti climatici.
Ma sarà fondamentale anche avviare una diffusa azione di rinaturazione fluviale e garantire la manutenzione del territorio per tutelare la funzionalità e l’equilibrio dell’ecosistema. Infine il WWF sottolinea l’efficacia delle “città metropolitane” nel ruolo di laboratori dell’adattamento ai cambiamenti climatici su area vasta, favorendo risorse per progetti e azioni innovative, e chiede che siano garantite le necessarie risorse economiche per la difesa del suolo, la mitigazione rischio idrogeologico e il miglioramento dello stato ecologico dei fiumi e dei corpi idrici.
Di queste ed altre soluzioni si discuterà il 21 novembre durante il Convegno organizzato a Roma per il lancio della nuova campagna LiberiAmo i fiumi.
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