(Rinnovabili.it) – Le utility europee hanno finalmente apposto una data di scadenza al carbone. In un impegno, per quanto contenuto, dalla portata storica, le società energetiche di 26 dei 28 Stati membri hanno stabilito di non investire più nei nuovi impianti a carbone dopo il 2020. Fuori dal progetto rimangono solo le società di Polonia e Grecia.
L’annuncio è stato rilasciato a sorpresa ieri da Eurelectric, associazione che rappresenta 3.500 utility per un valore complessivo di oltre 200 miliardi di euro. “Ventisei su ventotto Stati membri hanno dichiarato che non investiranno in nuove centrali a carbone dopo il 2020”, ha commentato Kristian Ruby, segretario generale di Eurelectric. “La storia giudicherà il messaggio che stiamo portando qui oggi: parla da sé e dovrebbe essere visto in stretta relazione con l’Accordo di Parigi e il nostro impegno a fornire il 100% di energia elettrica a emissioni zero entro il 2050”.
In realtà gli esperti dettano tempi molto più stretti. Per tener fede all’impegno preso alla COP21, l’Europa dovrà spegnere tutte le centrali a carbone entro il 2030.
Wendel Trio, direttore del Climate Action Network Europe, ha salutato l’iniziativa come “l’inizio della fine per il carbone”. “E’ ormai chiaro che non c’è futuro per il carbone in Europa”, ha affermato Trio. “La domanda è: qual è la data per la sua completa dismissione nell’UE, e quanto difficile sarà la lotta con l’industria?”. La lobby del “coal power” infatti non sembra disposta a rassegnarsi.
Il settore è ben lontano dall’essere finito, ma risente in pieno di un profondo momento di crisi: sorpassato a livello economico da gas e rinnovabili, la sua quota nel mix energetico per la produzione di elettricità è destinata a calare quasi fisiologicamente. Secondo le stime conservative dell’Agenzia internazionale dell’Energia nei prossimi 5 anni scenderà dal 41 (dato 2014) al 36 per cento. I primi effetti di questa crisi, seppur non così eclatanti, iniziano a farsi sentire. Nel 2016 le nuove centrali termoelettriche a carbone sono calate di quasi due terzi a livello mondiale.