Il Green Climate Fund ha approvato in tutto 8 proposte di finanziamenti climatici per un valore complessivo di appena 315 mln di dollari: una cifra lontanissima dall’obiettivo ufficiale di 2,5 mld di dollari
(Rinnovabili.it) – Alle Samoa arrivano 60 mln di dollari per prevenire le alluvioni del fiume Vaisigano, 23 mln vanno a Vanuatu per migliorare il sistema informativo anti-cicloni, le Isole Cook ricevono 17 mln da investire nelle rinnovabili. Queste notizie, che sarebbero relegate in un trafiletto anche dai quotidiani locali delle isole del Pacifico, sono – tristemente – l’unico esito dell’incontro sui finanziamenti climatici che si è appena concluso alle Samoa. L’ennesimo fallimento in un dossier che è al centro di feroci dispute fin dall’Accordo di Parigi e che alla COP22 di novembre è finito chiuso in un cassetto, senza alcun vero passo avanti.
Il Green Climate Fund ha approvato in tutto 8 proposte di finanziamenti climatici per un valore complessivo di appena 315 mln di dollari. In tutto, contando anche le decisioni precedenti, sono stati mobilitati 1,3 mld: una cifra lontanissima dall’obiettivo ufficiale di 2,5 mld di dollari. Fondi che dovrebbero essere destinati ad azioni di adattamento, mitigazione e prevenzione dei cambiamenti climatici.
E c’è di peggio. Durante il summit è stata ignorata quella che è la vera minaccia, cioè il possibile passo indietro degli Usa. Il presidente eletto Trump, infatti, potrebbe rimangiarsi gli impegni presi dall’amministrazione Obama: l’aveva annunciato a fine ottobre e come per tanti altri punti del suo programma si brancola ancora nel buio. Nonostante ciò, alle Samoa tutti hanno fatto finta di niente.
Oltre ai pochi fondi messi a disposizione, il meeting si è concluso senza alcuna decisione di policy. Non c’è stato accordo né su una tabella di marcia per il 2017, né sulla semplificazione del processo di approvazione dei finanziamenti. Si tratta di scogli importanti: la complessità delle procedure, infatti, è vista come una barriera insormontabile proprio da quegli Stati più poveri e vulnerabili ai cambiamenti climatici che dovrebbero essere i principali destinatari.
In coda arriva persino la beffa. È stato eletto come co-presidente del summit per il 2017 il delegato dell’Arabia Saudita Ayman Shasly: peccato che il Paese che rappresenta continua imperterrito a chiedere che i finanziamenti climatici possano andare a sovvenzionare anche progetti legati ai combustibili fossili.