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Il fallimento del vertice Onu sul clima

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(Rinnovabili.it) – Dopo il summit che si è concluso pochi giorni fa a Lima, cresce la preoccupante distanza tra i governi e i cittadini che chiedono una forte azione degli stati per contrastare da subito l’emergenza climatica, le cui conseguenze sono ormai percepibili e percepite dall’opinione pubblica. La Cop20 si è chiusa, infatti, con una pericolosa battuta d’arresto che mette a rischio il nuovo accordo globale sul clima e gela l’ottimismo degli ultimi mesi, generato dalla grande mobilitazione globale della società civile.

Le basi del nuovo accordo sono gli impegni nazionali che i paesi devono annunciare entro la fine del prossimo marzo, in vista di un nuovo accordo globale alla COP21 di Parigi di dicembre 2015. Questi “piani d’azione nazionali” insieme dovranno costituire il primo piano d’azione globale per liberarci dai combustibili fossili e raggiungere il 100% di rinnovabili entro il 2050, con impegni di riduzioni al 2020 aggiuntivi rispetto a quelli attuali, in modo da garantire il rispetto della soglia critica dei 2°C entro i quali contenere l’aumento della temperatura globale.

 

A Lima purtroppo i governi sono stati incapaci di sciogliere i nodi relativi alla differenziazione degli impegni nazionali e al sostegno finanziario ai paesi in via di sviluppo che continuano a bloccare i negoziati verso Parigi. Rimangono ancora ben saldi gli antichi steccati tra paesi industrializzati e in via di sviluppo, che l’accordo Usa-Cina ci aveva fatto sperare fosse possibile superare. Da subito i governi devono mettersi al lavoro per superare questi steccati e concordare i criteri per differenziare senza ambiguità e in una dimensione dinamica gli impegni dei singoli paesi – ricchi, emergenti e poveri – nel pieno rispetto dell’equità.

Solo così sarà possibile mettere in campo un’azione globale comune, la sola in grado di mantenere il riscaldamento del pianeta sotto la soglia dei 2°C, oltre la quale si rischia il punto di non ritorno come non si stancano di ripetere gli scienziati dell’Ipcc. Per ristabilire la necessaria fiducia con i paesi poveri, i paesi industrializzati devono onorare i propri impegni finanziari e sottoscrivere una roadmap che consenta di raggiungere entro il 2020 l’obiettivo già concordato dei 100 miliardi di dollari.

A Lima l’Europa – sostenuta dalla presidenza italiana – si è purtroppo distinta per la sua opposizione all’adozione di una dettagliata roadmap finanziaria al 2020. In questo modo ha ulteriormente indebolito la sua tradizionale alleanza con quei paesi in via di sviluppo ed emergenti disposti a contribuire fattivamente al superamento degli steccati, rimanendo così a margini dei negoziati. Nei prossimi mesi sarà indispensabile, per spingere i governi a passare dalle parole all’azione, mettere in campo una forte mobilitazione della società civile che parta dall’Italia e dall’Europa.

 

di Edoardo Zanchini, vice presidente Legambiente

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